La nozione di coesione sociale è da alcuni anni tornata ad occupare uno spazio significativo della riflessione sulle trasformazioni sociali, ma anche dell'agenda delle politiche a diversi livelli: da quello sovranazionale e regionale rappresentato dalle istituzioni dell'Unione Europea fino al livello locale, dove si sperimentano programmi orientati a promuovere e sostenere coesione sociale spingendosi fino alla scala di singoli quartieri urbani. Da un lato, l'esigenza di ripensare, in un quadro di crisi conclamata, l'architettura dei sistemi di protezione sociale dei paesi più avanzati, dal livello nazionale fino a quello dei territori locali, ha messo in discussione modelli consolidati, ponendo alle politiche sfide e dilemmi che sono in parte confluiti nell'alveo di un concetto-ombrello sufficientemente ampio e indeterminato come quello di coesione sociale. D'altro canto, nel dibattito politico, l'idea di coesione sociale ha finito per assumere sempre più un uso strumentale in relazione ai problemi della crescita economica: più coesione sociale favorirebbe la crescita economica, e d'altro canto, una intensa crescita economica rafforzerebbe la coesione sociale o, ancora, una crescita economica troppo aggressiva potrebbe deprimere la coesione sociale. Al di là di proposizioni generiche, incardinate su una relazione meccanica tra coesione sociale e crescita, non abbiamo trovato una letteratura empirica capace di comprovare non tanto la portata di queste affermazioni, ma neppure la bontà concettuale di queste correlazioni, analizzandone meccanismi e processi. Se, infatti, sul versante teorico si è sviluppata recentemente una letteratura piuttosto critica verso il concetto di coesione sociale in sé, svelandone le ambiguità e gli impliciti e, talvolta, contestando il significato politico del termine (Ceri 2009, Alietti 2009), tuttavia la carenza di analisi di tipo empirico che dissodino un po' il terreno della ricerca su questo tema, assumendo la sua poliedricità come valore aggiunto e non solo come limite, ci suggerisce che questa sia una buona pista da percorrere. Riprendendo quella che già nella formulazione del concetto da parte di Mauss (1931) era l’indicazione principale: studiare come si pone il problema della “solidità sociale” nelle società “polisegmentarie”, chiedendosi come i diversi segmenti di cui si compone una società funzionano “l’uno in rapporto agli altri”. Abbiamo perciò deciso di provare a studiare retrospettivamente la traiettoria di un quartiere della periferia nord di Milano, Quarto Oggiaro, costruito nel Secondo Dopoguerra per dare accoglienza a immigrati provenienti dal Mezzogiorno, e assurto poi alle cronache giornalistiche degli anni ’80 e ’90 come il “fortino della criminalità organizzata” a Milano. Recentemente, il quartiere è stato oggetto di un progetto finanziato dalla Regione finalizzato a promuovere la coesione sociale. Tra gennaio a novembre 2008 abbiamo coordinato uno studio di comunità in collaborazione con quattro ricercatori junior, raccogliendo dati qualitativi e quantitativi utilizzando, come nella tradizione più classica (Pizzorno 1960), una pluralità di tecniche di raccolta e di analisi, favorendo il lavoro collettivo fra i diversi ricercatori coinvolti e i feed-back sulle interpretazioni intermedie da parte di testimoni privilegiati (abitanti, insegnanti, forze dell’ordine, dirigenti di associazioni, commercianti…) competenti su diversi questioni chiave. La domanda di partenza che ha dato vita alla ricerca, era finalizzata a verificare quali fossero i nessi teorici e quelli verificabili empiricamente fra fattori sociali e fattori economici dello sviluppo di questo quartiere, tenendo conto della complessità e della densità delle relazioni che legano ormai qualunque quartiere al sistema urbano e metropolitano più ampio. Nel capitolo vengono descritti i risultati ottenuti, organizzati sulla base dei meccanismi che a Quarto Oggiaro articolano la relazione tra variabili riconducibili alle dimensioni di crescita e attrattività del quartiere e quelle riconducibili alla coesione sociale. Ne emergono configurazioni diversificate, che nel complesso consentono di identificare tre tipi di relazione corrispondenti ad altrettante fasi evolutive del quartiere. La prima fase, dall'edificazione dei primi massicci interventi di edilizia pubblica fino alla fine degli anni ’70, in cui si è prodotta la marginalità del quartiere, è descritta attraverso quattro diversi meccanismi alla base di questo processo di progressiva marginalizzazione. Il rapporto fra coesione sociale e crescita economica è emerso in termini di sinergia negativa o viziosa, dove processi di squalificazione sociale degli abitanti, produzione di un’identità negativa, svalorizzazione dell’istruzione, hanno favorito la dipartita intenzionale degli abitanti più qualificati per reddito e livello di istruzione, costruendo dei meccanismi di protezione e distanza sociale verso l’esterno. Le conseguenze sulla crescita economica sono state estremamente negative, in termini di mancata capacità di attrarre imprese e attività commerciali, e più in generale investimenti esterni. D'altro canto, come effetto della svalutazione del mercato immobiliare locale, Quarto Oggiaro ha progressivamente attratto popolazioni marginali. Coesione e (scarsa) crescita si sono progressivamente strutturate in maniera circolare, sinergica, creando, però, un circolo vizioso di produzione di svantaggio sociale. La seconda fase è stata caratterizzata nel corso degli anni ‘80 e ‘90 da un processo di mantenimento delle condizioni di marginalità che si sono prodotte nel corso del primo decennio. In questa fase il rapporto fra coesione sociale e crescita risulta interrotto. La marginalità si è mantenuta soprattutto grazie al rafforzamento dell'economia sommersa, in assenza di effetti di crescita significativi nei settori formali. Economia sommersa per altro abbastanza povera, che si è andata riducendo nel corso degli anni ’90 e che comunque non ha mai avuto un impatto redistributivo forte, mantenendo semmai condizioni di povertà marginale. Al contempo, la dinamica economica che si è sviluppata indipendentemente da un radicamento nel quartiere, ma comunque all’interno del quartiere, è stata assai incapace di produrre circuiti virtuosi di miglioramento delle condizioni di benessere sociale diffuso tra la popolazione: è stata una crescita disancorata. Se effetti positivi sono emersi, questo è stato effetto di processi che si sono giocati a tutt’altra scala, metropolitana e regionale, e che sono ricaduti – a piccole dosi – anche su Quarto Oggiaro, favorendo in particolare la popolazione più mobile, che ha meglio valorizzato la porosità del quartiere e non vi è rimasta intrappolata. La terza fase, nel corso degli ultimi dieci anni, è relativa a nuovi meccanismi emergenti e a un processo di cambiamento che caratterizza il quartiere. Discuteremo come gli effetti di marginalità, e talvolta di segregazione, abbiano degli impatti rilevanti sulle strategie delle classi superiori di mettere a distanza i ceti popolari (Oberti 2007). E come effetti di crescita che avvengono a scala metropolitana e regionale possano esercitare impatti sul tessuto sociale di quartieri marginalmente coinvolti da queste trasformazioni. I meccanismi osservati a diverse scale delineano nel complesso un processo di cambiamento privo di un disegno complessivo, uno sviluppo "non veicolato" dove il rapporto fra coesione e crescita rimane intriso di contraddizioni, segnato da spinte in direzioni opposte. In un quartiere in cui per anni i rapporti fra crescita e coesione sono rimasti segnati dai circoli viziosi e dalle interruzioni, il fatto di ritrovare condizioni di contraddizione oggi sembra paradossalmente ridare spazio al pluralismo che caratterizza le diverse logiche dei meccanismi emergenti.
Vitale, T. (2009). Processi di marginalizzazione e meccanismi attivi di cambiamento. In R. Torri, T. Vitale (a cura di), Ai margini dello sviluppo urbano. Uno studio su Quarto Oggiaro (pp. 128-149). Milano : Bruno Mondadori.
Processi di marginalizzazione e meccanismi attivi di cambiamento
VITALE, TOMMASO
2009
Abstract
La nozione di coesione sociale è da alcuni anni tornata ad occupare uno spazio significativo della riflessione sulle trasformazioni sociali, ma anche dell'agenda delle politiche a diversi livelli: da quello sovranazionale e regionale rappresentato dalle istituzioni dell'Unione Europea fino al livello locale, dove si sperimentano programmi orientati a promuovere e sostenere coesione sociale spingendosi fino alla scala di singoli quartieri urbani. Da un lato, l'esigenza di ripensare, in un quadro di crisi conclamata, l'architettura dei sistemi di protezione sociale dei paesi più avanzati, dal livello nazionale fino a quello dei territori locali, ha messo in discussione modelli consolidati, ponendo alle politiche sfide e dilemmi che sono in parte confluiti nell'alveo di un concetto-ombrello sufficientemente ampio e indeterminato come quello di coesione sociale. D'altro canto, nel dibattito politico, l'idea di coesione sociale ha finito per assumere sempre più un uso strumentale in relazione ai problemi della crescita economica: più coesione sociale favorirebbe la crescita economica, e d'altro canto, una intensa crescita economica rafforzerebbe la coesione sociale o, ancora, una crescita economica troppo aggressiva potrebbe deprimere la coesione sociale. Al di là di proposizioni generiche, incardinate su una relazione meccanica tra coesione sociale e crescita, non abbiamo trovato una letteratura empirica capace di comprovare non tanto la portata di queste affermazioni, ma neppure la bontà concettuale di queste correlazioni, analizzandone meccanismi e processi. Se, infatti, sul versante teorico si è sviluppata recentemente una letteratura piuttosto critica verso il concetto di coesione sociale in sé, svelandone le ambiguità e gli impliciti e, talvolta, contestando il significato politico del termine (Ceri 2009, Alietti 2009), tuttavia la carenza di analisi di tipo empirico che dissodino un po' il terreno della ricerca su questo tema, assumendo la sua poliedricità come valore aggiunto e non solo come limite, ci suggerisce che questa sia una buona pista da percorrere. Riprendendo quella che già nella formulazione del concetto da parte di Mauss (1931) era l’indicazione principale: studiare come si pone il problema della “solidità sociale” nelle società “polisegmentarie”, chiedendosi come i diversi segmenti di cui si compone una società funzionano “l’uno in rapporto agli altri”. Abbiamo perciò deciso di provare a studiare retrospettivamente la traiettoria di un quartiere della periferia nord di Milano, Quarto Oggiaro, costruito nel Secondo Dopoguerra per dare accoglienza a immigrati provenienti dal Mezzogiorno, e assurto poi alle cronache giornalistiche degli anni ’80 e ’90 come il “fortino della criminalità organizzata” a Milano. Recentemente, il quartiere è stato oggetto di un progetto finanziato dalla Regione finalizzato a promuovere la coesione sociale. Tra gennaio a novembre 2008 abbiamo coordinato uno studio di comunità in collaborazione con quattro ricercatori junior, raccogliendo dati qualitativi e quantitativi utilizzando, come nella tradizione più classica (Pizzorno 1960), una pluralità di tecniche di raccolta e di analisi, favorendo il lavoro collettivo fra i diversi ricercatori coinvolti e i feed-back sulle interpretazioni intermedie da parte di testimoni privilegiati (abitanti, insegnanti, forze dell’ordine, dirigenti di associazioni, commercianti…) competenti su diversi questioni chiave. La domanda di partenza che ha dato vita alla ricerca, era finalizzata a verificare quali fossero i nessi teorici e quelli verificabili empiricamente fra fattori sociali e fattori economici dello sviluppo di questo quartiere, tenendo conto della complessità e della densità delle relazioni che legano ormai qualunque quartiere al sistema urbano e metropolitano più ampio. Nel capitolo vengono descritti i risultati ottenuti, organizzati sulla base dei meccanismi che a Quarto Oggiaro articolano la relazione tra variabili riconducibili alle dimensioni di crescita e attrattività del quartiere e quelle riconducibili alla coesione sociale. Ne emergono configurazioni diversificate, che nel complesso consentono di identificare tre tipi di relazione corrispondenti ad altrettante fasi evolutive del quartiere. La prima fase, dall'edificazione dei primi massicci interventi di edilizia pubblica fino alla fine degli anni ’70, in cui si è prodotta la marginalità del quartiere, è descritta attraverso quattro diversi meccanismi alla base di questo processo di progressiva marginalizzazione. Il rapporto fra coesione sociale e crescita economica è emerso in termini di sinergia negativa o viziosa, dove processi di squalificazione sociale degli abitanti, produzione di un’identità negativa, svalorizzazione dell’istruzione, hanno favorito la dipartita intenzionale degli abitanti più qualificati per reddito e livello di istruzione, costruendo dei meccanismi di protezione e distanza sociale verso l’esterno. Le conseguenze sulla crescita economica sono state estremamente negative, in termini di mancata capacità di attrarre imprese e attività commerciali, e più in generale investimenti esterni. D'altro canto, come effetto della svalutazione del mercato immobiliare locale, Quarto Oggiaro ha progressivamente attratto popolazioni marginali. Coesione e (scarsa) crescita si sono progressivamente strutturate in maniera circolare, sinergica, creando, però, un circolo vizioso di produzione di svantaggio sociale. La seconda fase è stata caratterizzata nel corso degli anni ‘80 e ‘90 da un processo di mantenimento delle condizioni di marginalità che si sono prodotte nel corso del primo decennio. In questa fase il rapporto fra coesione sociale e crescita risulta interrotto. La marginalità si è mantenuta soprattutto grazie al rafforzamento dell'economia sommersa, in assenza di effetti di crescita significativi nei settori formali. Economia sommersa per altro abbastanza povera, che si è andata riducendo nel corso degli anni ’90 e che comunque non ha mai avuto un impatto redistributivo forte, mantenendo semmai condizioni di povertà marginale. Al contempo, la dinamica economica che si è sviluppata indipendentemente da un radicamento nel quartiere, ma comunque all’interno del quartiere, è stata assai incapace di produrre circuiti virtuosi di miglioramento delle condizioni di benessere sociale diffuso tra la popolazione: è stata una crescita disancorata. Se effetti positivi sono emersi, questo è stato effetto di processi che si sono giocati a tutt’altra scala, metropolitana e regionale, e che sono ricaduti – a piccole dosi – anche su Quarto Oggiaro, favorendo in particolare la popolazione più mobile, che ha meglio valorizzato la porosità del quartiere e non vi è rimasta intrappolata. La terza fase, nel corso degli ultimi dieci anni, è relativa a nuovi meccanismi emergenti e a un processo di cambiamento che caratterizza il quartiere. Discuteremo come gli effetti di marginalità, e talvolta di segregazione, abbiano degli impatti rilevanti sulle strategie delle classi superiori di mettere a distanza i ceti popolari (Oberti 2007). E come effetti di crescita che avvengono a scala metropolitana e regionale possano esercitare impatti sul tessuto sociale di quartieri marginalmente coinvolti da queste trasformazioni. I meccanismi osservati a diverse scale delineano nel complesso un processo di cambiamento privo di un disegno complessivo, uno sviluppo "non veicolato" dove il rapporto fra coesione e crescita rimane intriso di contraddizioni, segnato da spinte in direzioni opposte. In un quartiere in cui per anni i rapporti fra crescita e coesione sono rimasti segnati dai circoli viziosi e dalle interruzioni, il fatto di ritrovare condizioni di contraddizione oggi sembra paradossalmente ridare spazio al pluralismo che caratterizza le diverse logiche dei meccanismi emergenti.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.