L’analisi giuspubblicistica dei tradizionali temi del welfare (come, per esempio, la configurazione dei diritti sociali, il loro condizionamento finanziario e politico, la questione del c.d. “nucleo minimo”, ecc.) è stata resa più complessa dall’esigenza di affrontare anche i problemi concernenti gli interventi a favore dei non cittadini. Le ulteriori sfumature da affrontare, riferite alla condizione dello straniero, sono rese più complicate dal fatto che la relativa indagine va condotta secondo una prospettiva multilivello che parte dal diritto internazionale per passare a quello europeo ed a quello interno, nazionale e regionale. In questo contesto, la giurisprudenza costituzionale ha giocato un ruolo importante. In particolare la Corte è stata chiamata più volte a dirimere controversie relative al riparto delle competenze legislative tra stato e regioni ed è stato in queste occasioni che, non solo ha chiarito i confini di alcune materie di cui all’art. 117 cost., ma ha anche fissato alcuni principi sulla condizione dello straniero in relazione al godimento dei diritti sociali. La Corte ha distinto tra diritti fondamentali (che, in quanto diritti che ineriscono alla “persona”, vanno garantiti, qualunque sia lo “status” di cui un individuo gode rispetto all’ordinamento in cui si colloca) ed “ulteriori” diritti, per i quali ha fatto ampio ricorso al criterio della ragionevolezza per verificare se e a quali condizioni gli stranieri hanno diritto alle prestazioni, oltre che se sia possibile una differenziazione di trattamento rispetto ai cittadini italiani. La conclusione è che nel riconoscimento dei diritti sociali agli immigrati, assume carattere recessivo il criterio della cittadinanza, rispetto a quello della residenza stabile, intesa come espressione di un processo di integrazione e di inclusione sociale, sì che la sfera tradizionale dei destinatari del welfare domestico ne risulta ridisegnata Brevi cenni sul condizionamento finanziario e sul c.d. “nucleo minimo” dei diritti sociali 3. Il diritto degli stranieri alle prestazioni: diritti fondamentali e ragionevolezza 4. Il diritto degli stranieri alle prestazioni socio-assistenziali: il riparto delle competenze tra Stato e Regioni e cioè di incardinazione sul territorio quale luogo che esprime una collettività caratterizzata da interessi e valori condivisi , si può qui ulteriormente confermare che la disciplina del fenomeno migratorio non può prescindere dalla dimensione multilivello in essa implicata, a partire dalle norme del diritto internazionale consuetudinario, entro le quali si incardinano le norme di quello pattizio, di quello sovranazionale , oltre che interno, nazionale e regionale . La nostra legislazione, infatti, da un lato, non può che condividere il principio per cui i diritti fondamentali dell’uomo, in quanto diritti che ineriscono alla “persona”, vanno garantiti, qualunque sia lo “status” di cui un individuo gode rispetto all’ordinamento in cui si colloca, e, dall’altro lato, la medesima legislazione non può che risultare influenzata da quell’intreccio tra le fonti normative che si sono ricordate, anche quando va a disciplinare i profili degli “ulteriori” diritti che – in base alla nostra carta costituzionale – devono essere riconosciuti agli individui, pur se le relative garanzie risulteranno differenziate sul territorio, come conseguenza dell’esercizio delle autonomie riconosciute anche ai livelli territoriali minori. Ed è proprio dalla forma di Stato che riconosce ed esalta le autonomie territoriali, del resto, che risulta accentuata la necessità di coordinamento e collaborazione tra i livelli diversi, pur in presenza di una costituzione che attribuisce la materia “immigrazione” alla competenza (esclusiva sì, ma con tutti i condizionamenti di cui si è detto) dello Stato.
Marzanati, A. (2012). Stranieri e Welfare nella giurisprudenza costituzionale. In W. Cortese (a cura di), La Governance delle emergenze nelle isole del Mediterraneo. Atti del convegno Pantelleria 8-10 settembre 2011 (pp. 41-68). Palermo : Edizioni Torri del Vento.
Stranieri e Welfare nella giurisprudenza costituzionale
MARZANATI, ANNA
2012
Abstract
L’analisi giuspubblicistica dei tradizionali temi del welfare (come, per esempio, la configurazione dei diritti sociali, il loro condizionamento finanziario e politico, la questione del c.d. “nucleo minimo”, ecc.) è stata resa più complessa dall’esigenza di affrontare anche i problemi concernenti gli interventi a favore dei non cittadini. Le ulteriori sfumature da affrontare, riferite alla condizione dello straniero, sono rese più complicate dal fatto che la relativa indagine va condotta secondo una prospettiva multilivello che parte dal diritto internazionale per passare a quello europeo ed a quello interno, nazionale e regionale. In questo contesto, la giurisprudenza costituzionale ha giocato un ruolo importante. In particolare la Corte è stata chiamata più volte a dirimere controversie relative al riparto delle competenze legislative tra stato e regioni ed è stato in queste occasioni che, non solo ha chiarito i confini di alcune materie di cui all’art. 117 cost., ma ha anche fissato alcuni principi sulla condizione dello straniero in relazione al godimento dei diritti sociali. La Corte ha distinto tra diritti fondamentali (che, in quanto diritti che ineriscono alla “persona”, vanno garantiti, qualunque sia lo “status” di cui un individuo gode rispetto all’ordinamento in cui si colloca) ed “ulteriori” diritti, per i quali ha fatto ampio ricorso al criterio della ragionevolezza per verificare se e a quali condizioni gli stranieri hanno diritto alle prestazioni, oltre che se sia possibile una differenziazione di trattamento rispetto ai cittadini italiani. La conclusione è che nel riconoscimento dei diritti sociali agli immigrati, assume carattere recessivo il criterio della cittadinanza, rispetto a quello della residenza stabile, intesa come espressione di un processo di integrazione e di inclusione sociale, sì che la sfera tradizionale dei destinatari del welfare domestico ne risulta ridisegnata Brevi cenni sul condizionamento finanziario e sul c.d. “nucleo minimo” dei diritti sociali 3. Il diritto degli stranieri alle prestazioni: diritti fondamentali e ragionevolezza 4. Il diritto degli stranieri alle prestazioni socio-assistenziali: il riparto delle competenze tra Stato e Regioni e cioè di incardinazione sul territorio quale luogo che esprime una collettività caratterizzata da interessi e valori condivisi , si può qui ulteriormente confermare che la disciplina del fenomeno migratorio non può prescindere dalla dimensione multilivello in essa implicata, a partire dalle norme del diritto internazionale consuetudinario, entro le quali si incardinano le norme di quello pattizio, di quello sovranazionale , oltre che interno, nazionale e regionale . La nostra legislazione, infatti, da un lato, non può che condividere il principio per cui i diritti fondamentali dell’uomo, in quanto diritti che ineriscono alla “persona”, vanno garantiti, qualunque sia lo “status” di cui un individuo gode rispetto all’ordinamento in cui si colloca, e, dall’altro lato, la medesima legislazione non può che risultare influenzata da quell’intreccio tra le fonti normative che si sono ricordate, anche quando va a disciplinare i profili degli “ulteriori” diritti che – in base alla nostra carta costituzionale – devono essere riconosciuti agli individui, pur se le relative garanzie risulteranno differenziate sul territorio, come conseguenza dell’esercizio delle autonomie riconosciute anche ai livelli territoriali minori. Ed è proprio dalla forma di Stato che riconosce ed esalta le autonomie territoriali, del resto, che risulta accentuata la necessità di coordinamento e collaborazione tra i livelli diversi, pur in presenza di una costituzione che attribuisce la materia “immigrazione” alla competenza (esclusiva sì, ma con tutti i condizionamenti di cui si è detto) dello Stato.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.