Il lockdown ci ha costretto ad abbandonare la didattica in presenza per abbracciare una didattica a distanza (DaD) che ci ha obbligato a ripensare le strategie di insegnamento e apprendimento. In questo periodo il divario digitale (digital divide: Hargittai, 2002) ma soprattutto la disuguaglianza digitale (digital inequality: Hargittai, Hsieh, 2013) hanno esasperato le difficoltà e gli svantaggi di studenti già in condizione di vulnerabilità, come bambini e giovani con disabilità (sensoriali o cognitive) e problematiche connesse a varie forme di povertà educativa. Un contesto familiare o sociale non idoneo al benessere psico-fisico del minore, la carenza di capacità critiche necessarie per gestire in modo adeguato i contenuti web e l’apprendimento online, nonché l’impossibilità di ricevere assistenza in presenza hanno acutizzato le fragilità, le difficoltà e gli svantaggi di studenti già a rischio, prospettando condizioni, anche sommerse, di grave dispersione scolastica e negazione dei diritti (in alcuni casi, sembra essere venuto meno lo stesso diritto all’istruzione). Inoltre, emerge come la DaD abbia anche aggravato le criticità che da molto tempo affliggono il complesso sistema del sostegno e dell’educativa scolastica, le cui reti non si sono rivelate abbastanza solide da supplire, almeno in gran parte, alle fragilità di bambini e ragazzi che andavano peggiorando. Alla luce di questo quadro, è quindi scaturita l’idea di un progetto di ricerca che potesse garantire il diritto di parola ed espressione di sé a quanti, durante il lockdown, hanno lavorato come insegnanti di sostegno o educatori di scolastica e a tutti quegli studenti che, per i più svariati motivi (dalla disabilità cognitiva al disagio sociale), sono stati seguiti da remoto da almeno un docente di sostegno o un educatore. La riflessione sulle problematiche sopra delineate ha fatto emergere due domande di ricerca, che hanno guidato la costruzione del progetto. Ci siamo innanzitutto chiesti: quale impatto ha avuto la DaD (ma, più in generale, le relazioni educative da remoto) su quegli studenti che sono stati supportati da insegnanti di sostegno ed educatori? Inoltre, com’è cambiata la percezione della fragilità educativa da parte di docenti ed educatori? Intorno a questi concetti sensibilizzanti si è andata strutturando una ricerca qualitativa di tipo esplorativo (Lumbelli, 1984), mirata al coinvolgimento tanto di bambini e ragazzi quanto di insegnanti di sostegno ed educatori e basata sul framework teorico emergente della Social Justice Education, declinata secondo l’approccio di Marilyn Cochran-Smith nella Teacher Education (2004; si veda anche Tarozzi, 2015). Si è cercato di garantire il diritto di parola, espressione di sé e partecipazione attiva attraverso l’approccio Student Voice (Grion, Cook-Sather, 2013), che ha assunto una duplice valenza: anche i docenti e gli educatori coinvolti nel progetto, infatti, erano e sono studenti a loro volta, in quanto studenti-lavoratori iscritti al Corso di Laurea Magistrale in Scienze Pedagogiche presso l’Università di Milano-Bicocca; il loro coinvolgimento è avvenuto durante il corso svolto in modalità e-learning da Luisa Zecca nei mesi di marzo-maggio 2020, “Progettazione e Valutazione dei Servizi e degli Interventi Educativi”. Ha dunque preso corpo un progetto secondo la prospettiva della democrazia partecipata, che si è posto l’obiettivo di ascoltare la “voce” sia degli alunni frequentanti la scuola dell’obbligo sia degli studenti-lavoratori iscritti all’Università e al contempo attivi come docenti ed educatori professionali, dando avvio a una Service Research di ampia portata caratterizzata da molteplici contaminazioni metodologiche tra ricerca e formazione (Asquini, 2018; Bove, 2015). In totale sono state condotte su piattaforme digitali (e videoregistrate, previo consenso) e trascritte 25 interviste sia a studenti sia a docenti ed educatori, seguendo due tracce non direttive e semi-strutturate validate dal gruppo di ricerca, composto da un ricercatore, un dottorando e 14 studenti-lavoratori. Questi ultimi (6 insegnanti e 8 educatori, attivi in una vasta area intorno a Milano e Monza-Brianza, dalla Primaria alla Secondaria di II grado) sono stati intervistati dal dottorando e dal ricercatore (per una media di 1 ora e 15 minuti a intervista), al fine di approfondire la loro formazione professionale, esplorare le loro rappresentazioni su alcuni concetti chiave (fragilità educativa e inclusione), riflettere sul proprio ruolo e approccio e raccogliere le loro esperienze, opinioni e proposte sulla DaD anche in vista della riapertura. Gli studenti-lavoratori, a loro volta, hanno poi intervistato i propri alunni seguiti a distanza (11, per una media di 20 minuti a intervista, di entrambi i sessi e di cittadinanza sia italiana sia non italiana, con o senza diagnosi, con DSA, deficit di attenzione e iperattività, problemi emotivi e comportamentali, difficoltà linguistiche o disagio familiare e sociale), al fine di dare loro l’opportunità di esprimersi al cospetto di un adulto fidato e rievocare i loro ricordi antecedenti al lockdown, le loro esperienze ed emozioni durante la DaD e le loro idee e proposte in vista della riapertura. L’analisi delle interviste, che stiamo conducendo avvalendoci della Grounded Theory costruttivista (Charmaz, 2014) e del software Atlas.ti, è ancora in fieri. Dai primi risultati emerge l’inclinazione, da parte degli studenti, a riprogettare l’ambiente di apprendimento, con categorie relative alla riflessione sul concetto di autonomia, all’autoconsapevolezza dei propri processi di apprendimento e al ruolo svolto dalla famiglia e dal gioco durante l’apprendimento da remoto. Studenti, insegnanti ed educatori propongono e riflettono sia sull’organizzazione scolastica sia sulla professione docente, procedendo dall’emergenza vissuta per illuminare criticità prima sommerse, delineare scenari emergenti e prospettare modelli formativi sostenibili, in considerazione di un paradigma superato che si trova a fare i conti con nuove disuguaglianze e diritti negati. L’auspicio è che emergano evidenze a favore di una rinnovata visione ecologica: l’analisi dei primi dati, infatti, sta mettendo in risalto una nuova idea di fragilità educativa, propria non solo delle persone (studenti e professionisti), ma anche dei contesti scolastici, caratterizzati da fragilità, prima latenti, esplose in tutta la loro criticità durante il lockdown. Un primo risultato, da approfondire, che speriamo possa aiutare a declinare un nuovo paradigma all’insegna della sostenibilità, alla luce di quella complessità che il Covid ha prepotentemente posto sotto i riflettori.
Zecca, L., Cotza, V. (2020). Dalla didattica a distanza alla fragilità dei contesti educativi. Service Research e Student Voice. Intervento presentato a: XV Edizione SIREF Summer School 2020 (DIGITAL). Le declinazioni della sostenibilità come proposta della pedagogia: la ricerca educativa e formativa nella complessità post-Covid 19, Online.
Dalla didattica a distanza alla fragilità dei contesti educativi. Service Research e Student Voice
Zecca, L;Cotza, V
2020
Abstract
Il lockdown ci ha costretto ad abbandonare la didattica in presenza per abbracciare una didattica a distanza (DaD) che ci ha obbligato a ripensare le strategie di insegnamento e apprendimento. In questo periodo il divario digitale (digital divide: Hargittai, 2002) ma soprattutto la disuguaglianza digitale (digital inequality: Hargittai, Hsieh, 2013) hanno esasperato le difficoltà e gli svantaggi di studenti già in condizione di vulnerabilità, come bambini e giovani con disabilità (sensoriali o cognitive) e problematiche connesse a varie forme di povertà educativa. Un contesto familiare o sociale non idoneo al benessere psico-fisico del minore, la carenza di capacità critiche necessarie per gestire in modo adeguato i contenuti web e l’apprendimento online, nonché l’impossibilità di ricevere assistenza in presenza hanno acutizzato le fragilità, le difficoltà e gli svantaggi di studenti già a rischio, prospettando condizioni, anche sommerse, di grave dispersione scolastica e negazione dei diritti (in alcuni casi, sembra essere venuto meno lo stesso diritto all’istruzione). Inoltre, emerge come la DaD abbia anche aggravato le criticità che da molto tempo affliggono il complesso sistema del sostegno e dell’educativa scolastica, le cui reti non si sono rivelate abbastanza solide da supplire, almeno in gran parte, alle fragilità di bambini e ragazzi che andavano peggiorando. Alla luce di questo quadro, è quindi scaturita l’idea di un progetto di ricerca che potesse garantire il diritto di parola ed espressione di sé a quanti, durante il lockdown, hanno lavorato come insegnanti di sostegno o educatori di scolastica e a tutti quegli studenti che, per i più svariati motivi (dalla disabilità cognitiva al disagio sociale), sono stati seguiti da remoto da almeno un docente di sostegno o un educatore. La riflessione sulle problematiche sopra delineate ha fatto emergere due domande di ricerca, che hanno guidato la costruzione del progetto. Ci siamo innanzitutto chiesti: quale impatto ha avuto la DaD (ma, più in generale, le relazioni educative da remoto) su quegli studenti che sono stati supportati da insegnanti di sostegno ed educatori? Inoltre, com’è cambiata la percezione della fragilità educativa da parte di docenti ed educatori? Intorno a questi concetti sensibilizzanti si è andata strutturando una ricerca qualitativa di tipo esplorativo (Lumbelli, 1984), mirata al coinvolgimento tanto di bambini e ragazzi quanto di insegnanti di sostegno ed educatori e basata sul framework teorico emergente della Social Justice Education, declinata secondo l’approccio di Marilyn Cochran-Smith nella Teacher Education (2004; si veda anche Tarozzi, 2015). Si è cercato di garantire il diritto di parola, espressione di sé e partecipazione attiva attraverso l’approccio Student Voice (Grion, Cook-Sather, 2013), che ha assunto una duplice valenza: anche i docenti e gli educatori coinvolti nel progetto, infatti, erano e sono studenti a loro volta, in quanto studenti-lavoratori iscritti al Corso di Laurea Magistrale in Scienze Pedagogiche presso l’Università di Milano-Bicocca; il loro coinvolgimento è avvenuto durante il corso svolto in modalità e-learning da Luisa Zecca nei mesi di marzo-maggio 2020, “Progettazione e Valutazione dei Servizi e degli Interventi Educativi”. Ha dunque preso corpo un progetto secondo la prospettiva della democrazia partecipata, che si è posto l’obiettivo di ascoltare la “voce” sia degli alunni frequentanti la scuola dell’obbligo sia degli studenti-lavoratori iscritti all’Università e al contempo attivi come docenti ed educatori professionali, dando avvio a una Service Research di ampia portata caratterizzata da molteplici contaminazioni metodologiche tra ricerca e formazione (Asquini, 2018; Bove, 2015). In totale sono state condotte su piattaforme digitali (e videoregistrate, previo consenso) e trascritte 25 interviste sia a studenti sia a docenti ed educatori, seguendo due tracce non direttive e semi-strutturate validate dal gruppo di ricerca, composto da un ricercatore, un dottorando e 14 studenti-lavoratori. Questi ultimi (6 insegnanti e 8 educatori, attivi in una vasta area intorno a Milano e Monza-Brianza, dalla Primaria alla Secondaria di II grado) sono stati intervistati dal dottorando e dal ricercatore (per una media di 1 ora e 15 minuti a intervista), al fine di approfondire la loro formazione professionale, esplorare le loro rappresentazioni su alcuni concetti chiave (fragilità educativa e inclusione), riflettere sul proprio ruolo e approccio e raccogliere le loro esperienze, opinioni e proposte sulla DaD anche in vista della riapertura. Gli studenti-lavoratori, a loro volta, hanno poi intervistato i propri alunni seguiti a distanza (11, per una media di 20 minuti a intervista, di entrambi i sessi e di cittadinanza sia italiana sia non italiana, con o senza diagnosi, con DSA, deficit di attenzione e iperattività, problemi emotivi e comportamentali, difficoltà linguistiche o disagio familiare e sociale), al fine di dare loro l’opportunità di esprimersi al cospetto di un adulto fidato e rievocare i loro ricordi antecedenti al lockdown, le loro esperienze ed emozioni durante la DaD e le loro idee e proposte in vista della riapertura. L’analisi delle interviste, che stiamo conducendo avvalendoci della Grounded Theory costruttivista (Charmaz, 2014) e del software Atlas.ti, è ancora in fieri. Dai primi risultati emerge l’inclinazione, da parte degli studenti, a riprogettare l’ambiente di apprendimento, con categorie relative alla riflessione sul concetto di autonomia, all’autoconsapevolezza dei propri processi di apprendimento e al ruolo svolto dalla famiglia e dal gioco durante l’apprendimento da remoto. Studenti, insegnanti ed educatori propongono e riflettono sia sull’organizzazione scolastica sia sulla professione docente, procedendo dall’emergenza vissuta per illuminare criticità prima sommerse, delineare scenari emergenti e prospettare modelli formativi sostenibili, in considerazione di un paradigma superato che si trova a fare i conti con nuove disuguaglianze e diritti negati. L’auspicio è che emergano evidenze a favore di una rinnovata visione ecologica: l’analisi dei primi dati, infatti, sta mettendo in risalto una nuova idea di fragilità educativa, propria non solo delle persone (studenti e professionisti), ma anche dei contesti scolastici, caratterizzati da fragilità, prima latenti, esplose in tutta la loro criticità durante il lockdown. Un primo risultato, da approfondire, che speriamo possa aiutare a declinare un nuovo paradigma all’insegna della sostenibilità, alla luce di quella complessità che il Covid ha prepotentemente posto sotto i riflettori.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
SIREF_SummerSchool_11-09-2020.pdf
accesso aperto
Descrizione: Slide presentate
Tipologia di allegato:
Other attachments
Dimensione
63.82 MB
Formato
Adobe PDF
|
63.82 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.