Lo skill mismatch è uno dei temi più critici del mercato contemporaneo: il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro genera infatti fenomeni come disoccupazione, sotto-utilizzo di risorse (overskilling) e problemi di competitività del sistema economico. Criticità, queste, che si riverberano direttamente sulle vite dei singoli individui, sulle loro progettualità, sul benessere e l’equilibrio personale. Da una prospettiva economica la soluzione più efficiente a questo problema consisterebbe nel creare una “filiera” formativa in grado di anticipare le richieste di mercato, creando profili ad alto tasso di occupabilità. Questa visione si basa, tuttavia, su un’epistemologia lineare e riduzionista che considera le competenze come merci da produrre secondo modelli organizzativi fondati sull’evitamento di sprechi (lean organization) e sulla sincronizzazione con i ritmi (presunti) della domanda di mercato (just in time). Se accanto a questa visione istituiamo un punto di vista pedagogico, da questa nuova angolatura è possibile osservare questi stessi fenomeni rispetto alla loro potenzialità nel generare processi di apprendimento. Ad esempio, il disallineamento tra le competenze richieste dalle organizzazioni e quelle strutturate dal sistema formativo non assumerebbe deterministicamente i connotati dello “spreco”; i processi di apprendimento non possono essere, infatti, ridotti a una logica statica di mero adattamento. Gli studi sull’educazione degli adulti hanno da tempo messo in evidenza come questi tipi di processi siano estremamente dinamici e come siano potenzialmente suscettibili a “salti di livello” nel momento in cui si scontrano con cornici di riferimento che li mettono in crisi o in discussione. Il capitolo propone alcune riflessioni sulle potenzialità insite nell’attraversamento del confine scuola-lavoro e nelle transizioni professionali. In particolare, ci si focalizzerà sulle transizioni professionali dei dottori di ricerca: un caso estremamente interessante da analizzare poiché, in alta percentuale, essi sono attualmente tenuti a orientarsi verso contesti occupazionali spesso profondamente differenti da quello accademico (ad esempio le piccole medie imprese). Si tratta dunque di situazioni che, potenzialmente, sono ad alto rischio di mismatch e overskilling e che possono offrire esempi preziosi per interrogare lo sviluppo di traiettorie di carriera “non lineari”.
Galimberti, A. (2021). Transizioni professionali e skill mismatch. Spazi di azione pedagogica. In S. Polenghi, F. Cereda, P. Zini (a cura di), La responsabilità della pedagogia nelle trasformazioni dei rapporti sociali. Storia, linee di ricerca e prospettive (pp. 359-366). Lecce-Rovato (BS) : Pensa Multimedia.
Transizioni professionali e skill mismatch. Spazi di azione pedagogica
Galimberti, A
2021
Abstract
Lo skill mismatch è uno dei temi più critici del mercato contemporaneo: il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro genera infatti fenomeni come disoccupazione, sotto-utilizzo di risorse (overskilling) e problemi di competitività del sistema economico. Criticità, queste, che si riverberano direttamente sulle vite dei singoli individui, sulle loro progettualità, sul benessere e l’equilibrio personale. Da una prospettiva economica la soluzione più efficiente a questo problema consisterebbe nel creare una “filiera” formativa in grado di anticipare le richieste di mercato, creando profili ad alto tasso di occupabilità. Questa visione si basa, tuttavia, su un’epistemologia lineare e riduzionista che considera le competenze come merci da produrre secondo modelli organizzativi fondati sull’evitamento di sprechi (lean organization) e sulla sincronizzazione con i ritmi (presunti) della domanda di mercato (just in time). Se accanto a questa visione istituiamo un punto di vista pedagogico, da questa nuova angolatura è possibile osservare questi stessi fenomeni rispetto alla loro potenzialità nel generare processi di apprendimento. Ad esempio, il disallineamento tra le competenze richieste dalle organizzazioni e quelle strutturate dal sistema formativo non assumerebbe deterministicamente i connotati dello “spreco”; i processi di apprendimento non possono essere, infatti, ridotti a una logica statica di mero adattamento. Gli studi sull’educazione degli adulti hanno da tempo messo in evidenza come questi tipi di processi siano estremamente dinamici e come siano potenzialmente suscettibili a “salti di livello” nel momento in cui si scontrano con cornici di riferimento che li mettono in crisi o in discussione. Il capitolo propone alcune riflessioni sulle potenzialità insite nell’attraversamento del confine scuola-lavoro e nelle transizioni professionali. In particolare, ci si focalizzerà sulle transizioni professionali dei dottori di ricerca: un caso estremamente interessante da analizzare poiché, in alta percentuale, essi sono attualmente tenuti a orientarsi verso contesti occupazionali spesso profondamente differenti da quello accademico (ad esempio le piccole medie imprese). Si tratta dunque di situazioni che, potenzialmente, sono ad alto rischio di mismatch e overskilling e che possono offrire esempi preziosi per interrogare lo sviluppo di traiettorie di carriera “non lineari”.File | Dimensione | Formato | |
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