Questa epoca in cui già siamo come condizione permanente, e che abbiamo co-costruito proprio con la nostra modernità e libertà del carbonio, apre una riflessione profonda sulla condizione umana e sulle relazioni che intratteniamo con altri esseri viventi a cui siamo interdipendenti: ciò che era distanziato come “roba” (Illich,1988) a disposizione riemerge come molteplicità di soggetti vibranti, pulsanti, caotici o in via di estinzione o collasso. La natura, come campo di “oggetti” di gestione della modernità capitalistica, pullula tutto ad un tratto di soggetti che riemergono, tra cui le stesse dimensioni atmosferiche, tanto da assoggettare l’uomo e mettere a repentaglio le forme di vivibilità. Da un unico, solitario, soggetto umano del cambiamento e della padronanza, unico attore con potere di valutazione, altri soggetti mai sopiti emergono come interdipendenti. L’idea dell’uomo come misura di ogni cosa si rivela rappresentazione perturbante nel momento in cui si ritrova di fronte ad altri attori non-umani a cui è intimamente interdipendente senza saperne leggere e accogliere le relazioni e le misure della terra come organismo vivente. La terra stessa si impone come soggetto diritto accanto agli uomini, facendo tremare il nostro antropocentrismo nel momento in cui ci accorgiamo di limiti, di essere coinvolti in relazioni di interdipendenza o a fronte di scenari di collasso ambientale. L’ambiente, compresa l’atmosfera, mostra tutto ad un tratto la sua agency, i suoi cambiamenti così interdipendenti dalle forme di surriscaldamento globale: ciò destabilizza, rende incerte le categorie ben ordinate e sempre più sgretolate tra cultura e natura, tra saperi dell’uomo e saperi della natura, aprendo un temporale di incertezze, un terremoto quindi nel mondo e nel modo di comprendere il mondo. «La materia dell’Antropocene si è animata, si è presa lei la nostra in/capacità di agency» (Beugleux, 2017: 92), dove ciò che avevamo tradotto in magazzino e discarica silente, in equilibrio e a disposizione, si ripresenta pieno di caotiche interdipendenze sulla nostra vita: un eccesso di relazioni che impauriscono, una in-azione e inerzia nell’avviarsi verso una transizione ecologica come sentimento di essere-agiti-da, quasi passivizzati dalla re-attività ambientale, senza disporre di un pensiero delle relazioni relegato ad un passato dimenticato. L’Antropocene apre quindi ad uno scacco, anche angoscioso e catastrofico, ai deliri di onnipotenza, di dominio, di certezza del progresso razionale e come scrive Charkrabarty, «a collectivity whose commitment to fossil-fuel based, energy-consuming civilization is now a threat to that civilization itself» (2012: 1).
Van Aken, I. (2021). Soggetti atmosferici nella crisi climatica. In F.G. Cuturi (a cura di), La natura come soggetto di diritti. Prospettive antropologiche e giuridiche a confronto (pp. 429-460). Editpress.
Soggetti atmosferici nella crisi climatica
Van Aken, I
2021
Abstract
Questa epoca in cui già siamo come condizione permanente, e che abbiamo co-costruito proprio con la nostra modernità e libertà del carbonio, apre una riflessione profonda sulla condizione umana e sulle relazioni che intratteniamo con altri esseri viventi a cui siamo interdipendenti: ciò che era distanziato come “roba” (Illich,1988) a disposizione riemerge come molteplicità di soggetti vibranti, pulsanti, caotici o in via di estinzione o collasso. La natura, come campo di “oggetti” di gestione della modernità capitalistica, pullula tutto ad un tratto di soggetti che riemergono, tra cui le stesse dimensioni atmosferiche, tanto da assoggettare l’uomo e mettere a repentaglio le forme di vivibilità. Da un unico, solitario, soggetto umano del cambiamento e della padronanza, unico attore con potere di valutazione, altri soggetti mai sopiti emergono come interdipendenti. L’idea dell’uomo come misura di ogni cosa si rivela rappresentazione perturbante nel momento in cui si ritrova di fronte ad altri attori non-umani a cui è intimamente interdipendente senza saperne leggere e accogliere le relazioni e le misure della terra come organismo vivente. La terra stessa si impone come soggetto diritto accanto agli uomini, facendo tremare il nostro antropocentrismo nel momento in cui ci accorgiamo di limiti, di essere coinvolti in relazioni di interdipendenza o a fronte di scenari di collasso ambientale. L’ambiente, compresa l’atmosfera, mostra tutto ad un tratto la sua agency, i suoi cambiamenti così interdipendenti dalle forme di surriscaldamento globale: ciò destabilizza, rende incerte le categorie ben ordinate e sempre più sgretolate tra cultura e natura, tra saperi dell’uomo e saperi della natura, aprendo un temporale di incertezze, un terremoto quindi nel mondo e nel modo di comprendere il mondo. «La materia dell’Antropocene si è animata, si è presa lei la nostra in/capacità di agency» (Beugleux, 2017: 92), dove ciò che avevamo tradotto in magazzino e discarica silente, in equilibrio e a disposizione, si ripresenta pieno di caotiche interdipendenze sulla nostra vita: un eccesso di relazioni che impauriscono, una in-azione e inerzia nell’avviarsi verso una transizione ecologica come sentimento di essere-agiti-da, quasi passivizzati dalla re-attività ambientale, senza disporre di un pensiero delle relazioni relegato ad un passato dimenticato. L’Antropocene apre quindi ad uno scacco, anche angoscioso e catastrofico, ai deliri di onnipotenza, di dominio, di certezza del progresso razionale e come scrive Charkrabarty, «a collectivity whose commitment to fossil-fuel based, energy-consuming civilization is now a threat to that civilization itself» (2012: 1).File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Van Aken-2021-La natura come soggetto di diritti-VoR.pdf
Solo gestori archivio
Descrizione: Contributo in libro
Tipologia di allegato:
Publisher’s Version (Version of Record, VoR)
Licenza:
Tutti i diritti riservati
Dimensione
1.29 MB
Formato
Adobe PDF
|
1.29 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri Richiedi una copia |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.