Siamo soliti connettere l’immaginazione al gioco infantile, ma spesso utilizziamo questo termine come sinonimo di fantasia o creatività. Il contributo si propone di amplificare la comprensione del termine immaginazione, descrivendola come una facoltà conoscitiva a tutti gli effetti (Durand 1963-1995; Bachelard 1960-1993; Wunenburger, 1995-2007). Se l’immaginazione è una facoltà eminentemente ludica, è perché i suoi caratteri sono familiari al mondo del gioco, poiché si nutrono di trasformazioni, travestimenti, sfide, invenzioni, immedesimazioni. Tale facoltà è particolarmente attiva nel periodo infantile, ma può permanere nel corso di tutta l’esistenza, soprattutto se valorizzata e stimolata (Florenskij, 2015; Winnicott, 1971-2001). Scopo di una educazione sensibile all’immaginazione consiste quindi nel non sedare o temperare questa attitudine con la crescita, ma al contrario alimentarla e arricchirla in ogni momento della vita, conferendole un valore conoscitivo al pari di quello razionale, oggi riconosciuto come dominio esclusivo o quantomeno prioritario della conoscenza. L’immaginazione infatti, e il gioco come una delle sue espressioni più peculiari, sono funzioni gnoseologiche per conoscere il mondo attraverso la rappresentazione, l’interpretazione e la trasformazione delle sue forme, dinamiche, relazioni. L’immaginazione infatti, lungi dall’essere una fantasticheria - e Bettelheim distoglie la medesima accusa dal gioco (1987-1990) - è un modo per conoscere più in profondità, grazie alle immagini e ai simboli che sono portatori di un sapere più integro e complesso rispetto alle nozioni e ai concetti. Il gioco diviene quindi la via regia per rendere ragione del potere trasformativo e formativo delle immagini per la cultura umana.
Antonacci, F. (2019). L’immaginazione ludica come facoltà conoscitiva. In A. Bobbio, A. Bondioli (a cura di), Gioco e infanzia. Teorie e scenari educativi (pp. 45-58). Roma : Carocci.
L’immaginazione ludica come facoltà conoscitiva
Antonacci, F
2019
Abstract
Siamo soliti connettere l’immaginazione al gioco infantile, ma spesso utilizziamo questo termine come sinonimo di fantasia o creatività. Il contributo si propone di amplificare la comprensione del termine immaginazione, descrivendola come una facoltà conoscitiva a tutti gli effetti (Durand 1963-1995; Bachelard 1960-1993; Wunenburger, 1995-2007). Se l’immaginazione è una facoltà eminentemente ludica, è perché i suoi caratteri sono familiari al mondo del gioco, poiché si nutrono di trasformazioni, travestimenti, sfide, invenzioni, immedesimazioni. Tale facoltà è particolarmente attiva nel periodo infantile, ma può permanere nel corso di tutta l’esistenza, soprattutto se valorizzata e stimolata (Florenskij, 2015; Winnicott, 1971-2001). Scopo di una educazione sensibile all’immaginazione consiste quindi nel non sedare o temperare questa attitudine con la crescita, ma al contrario alimentarla e arricchirla in ogni momento della vita, conferendole un valore conoscitivo al pari di quello razionale, oggi riconosciuto come dominio esclusivo o quantomeno prioritario della conoscenza. L’immaginazione infatti, e il gioco come una delle sue espressioni più peculiari, sono funzioni gnoseologiche per conoscere il mondo attraverso la rappresentazione, l’interpretazione e la trasformazione delle sue forme, dinamiche, relazioni. L’immaginazione infatti, lungi dall’essere una fantasticheria - e Bettelheim distoglie la medesima accusa dal gioco (1987-1990) - è un modo per conoscere più in profondità, grazie alle immagini e ai simboli che sono portatori di un sapere più integro e complesso rispetto alle nozioni e ai concetti. Il gioco diviene quindi la via regia per rendere ragione del potere trasformativo e formativo delle immagini per la cultura umana.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.