In questo capitolo si porta un contributo della sociologia della conoscenza all’orientamento attraverso i percorsi educativi e verso il mondo del lavoro. Si considera l’Obiettivo n. 4 dell’Agenda 2030, volto all’ambizioso impegno di “trasformare il mondo” fornendo “un’educazione di qualità per tutti”. E' almeno dai tempi del Manifesto di Ventotene che in Europa si parla della centralità della conoscenza per la democrazia e, più recentemente, nel Trattato di Lisbona l’Unione Europea ha scelto di mettere la conoscenza al centro del suo futuro. O almeno così ha dichiarato di voler fare. Mettere al centro la conoscenza, però, vuol dire metterla al centro dell’economia per rilanciare la competitività e lo sviluppo economico, certo, ma non solo; forse con qualche scivolosa oscillazione semantica fra conoscenza e informazione, società ed economia, educazione e formazione, conoscenze e competenze, qualità e merito ecc., ma che siamo in una intera società che vive di ‘quel che si sa’ e della conquista di ‘quel che ancor non si sa’ nessuno oserebbe metterlo in dubbio. Di certo, dubbi non ne hanno i Paesi che più degli altri sono cresciuti negli ultimi cinquant’anni (p.es. Corea del Sud, Cina, Giappone, Stati Uniti, Germania ecc.). E poi, chi potrebbe volere una scuola di non-qualità, la non-misurazione del valore di un bene tanto prezioso che costa in denaro, in tempo e, in definitiva, in vita per ciascuno di noi? Nessuno, nemmeno nel più arretrato Paese. Tantomeno noi in Italia, visto che stiamo riformando l’educazione da un ventennio, e con notevole continuità, proprio in nome dei dettami internazionali. Ma se siamo in una knowledge-society e vogliamo trasformare il mondo, siamo sicuri di sapere cosa è a non andare? Troppi laureati o troppo pochi? Giovani troppo formati o troppo poco? Sistema delle imprese troppo avanzato o troppo poco? E quali sono, poi, le politiche che ci hanno portato a questo stadio insoddisfacente, quali scelte vi so-no a monte e in quale direzione vanno cambiate per ‘cambiare il mondo’… in meglio? È facile rendersi conto che la politica dell’educazione è politica della società: parlare di scuola, università e ricerca nella società della conoscenza è parlare di Politica. Anzi, il solo parlarne è già Politica, visto che così si orienta l’Opinione Pubblica. Ci limiteremo in questa sede a diradare la nebbia che si solleva non appena si interrogano i documenti ufficiali cui in Italia si fa riferimento per le politiche della conoscenza.
Cerroni, A. (2019). Per una scuola di qualità: l’Europardismo e la brezza di Ventotene. In S. Soresi, L. Nota, S. Santilli (a cura di), Il contributo dell'orientamento e del counseling all'Agenda 2030 (pp. 19-33). Padova : Cleup.
Per una scuola di qualità: l’Europardismo e la brezza di Ventotene
Cerroni, A
2019
Abstract
In questo capitolo si porta un contributo della sociologia della conoscenza all’orientamento attraverso i percorsi educativi e verso il mondo del lavoro. Si considera l’Obiettivo n. 4 dell’Agenda 2030, volto all’ambizioso impegno di “trasformare il mondo” fornendo “un’educazione di qualità per tutti”. E' almeno dai tempi del Manifesto di Ventotene che in Europa si parla della centralità della conoscenza per la democrazia e, più recentemente, nel Trattato di Lisbona l’Unione Europea ha scelto di mettere la conoscenza al centro del suo futuro. O almeno così ha dichiarato di voler fare. Mettere al centro la conoscenza, però, vuol dire metterla al centro dell’economia per rilanciare la competitività e lo sviluppo economico, certo, ma non solo; forse con qualche scivolosa oscillazione semantica fra conoscenza e informazione, società ed economia, educazione e formazione, conoscenze e competenze, qualità e merito ecc., ma che siamo in una intera società che vive di ‘quel che si sa’ e della conquista di ‘quel che ancor non si sa’ nessuno oserebbe metterlo in dubbio. Di certo, dubbi non ne hanno i Paesi che più degli altri sono cresciuti negli ultimi cinquant’anni (p.es. Corea del Sud, Cina, Giappone, Stati Uniti, Germania ecc.). E poi, chi potrebbe volere una scuola di non-qualità, la non-misurazione del valore di un bene tanto prezioso che costa in denaro, in tempo e, in definitiva, in vita per ciascuno di noi? Nessuno, nemmeno nel più arretrato Paese. Tantomeno noi in Italia, visto che stiamo riformando l’educazione da un ventennio, e con notevole continuità, proprio in nome dei dettami internazionali. Ma se siamo in una knowledge-society e vogliamo trasformare il mondo, siamo sicuri di sapere cosa è a non andare? Troppi laureati o troppo pochi? Giovani troppo formati o troppo poco? Sistema delle imprese troppo avanzato o troppo poco? E quali sono, poi, le politiche che ci hanno portato a questo stadio insoddisfacente, quali scelte vi so-no a monte e in quale direzione vanno cambiate per ‘cambiare il mondo’… in meglio? È facile rendersi conto che la politica dell’educazione è politica della società: parlare di scuola, università e ricerca nella società della conoscenza è parlare di Politica. Anzi, il solo parlarne è già Politica, visto che così si orienta l’Opinione Pubblica. Ci limiteremo in questa sede a diradare la nebbia che si solleva non appena si interrogano i documenti ufficiali cui in Italia si fa riferimento per le politiche della conoscenza.File | Dimensione | Formato | |
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