Sulla scorta della riflessione di Riccardo Massa, nel saggio vengono analizzati i rapporti tra teatro, educazione, formazione e pedagogia. Fin dall’inizio il teatro, secondo alcune ipotesi derivato dai riti e dalle cerimonie iniziatiche che sancivano l’ingresso nell’adultità nell’età antica, ha a che fare con le relazioni fra le generazioni, e dunque con la formazione del soggetto sia a livello individuale che collettivo. Il teatro può essere inteso come dispositivo pedagogico in vari sensi, sia in quanto i suoi diversi generi – didascalico, ideologico, sacro, politico, di intrattenimento - contengono molte potenzialità formative, sia inteso a partire dalla sua stessa struttura intrinseca. Infatti nel teatro viene circoscritta una certa porzione di realtà, viene sottoposta a un lavorio esplorativo e interpretativo da parte dei soggetti-attori, che lavorando su quel problema si formano, in un luogo e in un tempo extra-quotidiano, separato dal flusso della vita sociale, un pò come avviene anche nell’educazione e nella formazione. L’educazione rivela così una struttura teatrale e il teatro presenta un dispositivo pedagogico. Il teatro si pone il problema della formazione dell’attore e del ruolo di coordinamento, guida, indirizzo, visione del regista, come ben evidenziato nel teatro del Novecento dalla nascita dei registi-pedagoghi russi. Anche l’educazione si pone il problema della formazione degli allievi, dei docenti, dei dirigenti, così come riflette sulle caratteristiche della leadership nei diversi contesti educativi, formativi, sociali. Tanto nel teatro del Novecento viene messa in discussione l’idea di copione come testo sacro, intoccabile, cui attenersi rigidamente ed esecutivamente, tanto nell’educazione viene messa in crisi l’idea di programma ministeriale da impartire. Si pone invece l’esigenza di riappropriarsi del copione-programma-materia da parte degli allievi e dei loro docenti, per farne un progetto rielaborato in prima persona, non solo considerando la dimensione cognitiva ma anche la messa in campo delle emozioni e della corporeità. In questo senso il teatro, se usato come metafora per rileggere l’educazione e la formazione, può aiutare ad ampliare la concezione del processo educativo come processo complesso, sovradeterminato ed articolato, da co-costruire con i gli educandi e non da imporre. In questa direzione si ricordano, da un’ottica pedagogica, i contributi di alcuni grandi maestri del teatro del Novecento, come Grotowski, Stanislavskij, Artaud, Barba, Boal, il Living Theatre. Si analizza anche il ruolo di eperienze teatrali miste, quali quelle legate all’arte-terapia o al teatro aziendale, sorte in tempi più vicini, e orientate sempre all’utilizzo del teatro a scopo formativo, per la formazione di sè o per la formazione aziendale. Goffman ha mostrato come, del resto, tutta la vita quotidiana consista di fatto in un ‘lavoro di faccia’, volto a esibire certe rappresentazioni del soggetto o di gruppi sociali più ampi, servendosi di molteplici riti, in cui ognuno è attore sulla scena della vita comune. Pertanto, si afferma importante l’acquisizione di una ‘consapevolezza teatrale’ che consenta a ognuno di disporre di luoghi, reali e simbolici, in cui riprendere in mano il ‘copione’, decostruirlo, rielaborarlo e riproporlo in modo più consapevole e ri-soggettivato.
Riva, M. (2006). Il teatro come dispositivo pedagogico. In C. Covato (a cura di), Metamorfosi dell'identità. Per una storia delle pedagogie narrate (pp. 115-140). Milano : Guerini.
Il teatro come dispositivo pedagogico
RIVA, MARIA GRAZIA
2006
Abstract
Sulla scorta della riflessione di Riccardo Massa, nel saggio vengono analizzati i rapporti tra teatro, educazione, formazione e pedagogia. Fin dall’inizio il teatro, secondo alcune ipotesi derivato dai riti e dalle cerimonie iniziatiche che sancivano l’ingresso nell’adultità nell’età antica, ha a che fare con le relazioni fra le generazioni, e dunque con la formazione del soggetto sia a livello individuale che collettivo. Il teatro può essere inteso come dispositivo pedagogico in vari sensi, sia in quanto i suoi diversi generi – didascalico, ideologico, sacro, politico, di intrattenimento - contengono molte potenzialità formative, sia inteso a partire dalla sua stessa struttura intrinseca. Infatti nel teatro viene circoscritta una certa porzione di realtà, viene sottoposta a un lavorio esplorativo e interpretativo da parte dei soggetti-attori, che lavorando su quel problema si formano, in un luogo e in un tempo extra-quotidiano, separato dal flusso della vita sociale, un pò come avviene anche nell’educazione e nella formazione. L’educazione rivela così una struttura teatrale e il teatro presenta un dispositivo pedagogico. Il teatro si pone il problema della formazione dell’attore e del ruolo di coordinamento, guida, indirizzo, visione del regista, come ben evidenziato nel teatro del Novecento dalla nascita dei registi-pedagoghi russi. Anche l’educazione si pone il problema della formazione degli allievi, dei docenti, dei dirigenti, così come riflette sulle caratteristiche della leadership nei diversi contesti educativi, formativi, sociali. Tanto nel teatro del Novecento viene messa in discussione l’idea di copione come testo sacro, intoccabile, cui attenersi rigidamente ed esecutivamente, tanto nell’educazione viene messa in crisi l’idea di programma ministeriale da impartire. Si pone invece l’esigenza di riappropriarsi del copione-programma-materia da parte degli allievi e dei loro docenti, per farne un progetto rielaborato in prima persona, non solo considerando la dimensione cognitiva ma anche la messa in campo delle emozioni e della corporeità. In questo senso il teatro, se usato come metafora per rileggere l’educazione e la formazione, può aiutare ad ampliare la concezione del processo educativo come processo complesso, sovradeterminato ed articolato, da co-costruire con i gli educandi e non da imporre. In questa direzione si ricordano, da un’ottica pedagogica, i contributi di alcuni grandi maestri del teatro del Novecento, come Grotowski, Stanislavskij, Artaud, Barba, Boal, il Living Theatre. Si analizza anche il ruolo di eperienze teatrali miste, quali quelle legate all’arte-terapia o al teatro aziendale, sorte in tempi più vicini, e orientate sempre all’utilizzo del teatro a scopo formativo, per la formazione di sè o per la formazione aziendale. Goffman ha mostrato come, del resto, tutta la vita quotidiana consista di fatto in un ‘lavoro di faccia’, volto a esibire certe rappresentazioni del soggetto o di gruppi sociali più ampi, servendosi di molteplici riti, in cui ognuno è attore sulla scena della vita comune. Pertanto, si afferma importante l’acquisizione di una ‘consapevolezza teatrale’ che consenta a ognuno di disporre di luoghi, reali e simbolici, in cui riprendere in mano il ‘copione’, decostruirlo, rielaborarlo e riproporlo in modo più consapevole e ri-soggettivato.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.