Filosofie e movimenti postumanisti e transumanisti, pur nell’eterogeneità delle prospettive cui danno vita e che li connotano di volta in volta come tentativi di superamento dell’antropocentrismo umanista, riformulazioni postmoderne del femminismo, utopie scientiste, sembrano in molte loro declinazioni trovare ancoraggio in un immaginario sociale oggi amplificato dai media, il quale genera rappresentazioni specifiche rispetto alle dimensioni della corporeità e della fragilità che contraddistingue il vivente. In particolare, coloro che ambiscono ad un potenziamento dell’umano grazie al progresso tecnoscientifico che si vuole finalizzato all’eliminazione o quantomeno alla radicale ridefinizione dei confini e dei limiti biologici, ritenuti obsoleti, si spingono fino a postulare una possibile evoluzione autodiretta della specie umana e contestano il corpo nella sua storicità, mortalità, materialità, attingendo rispettivamente alle mitologie dell’eterna giovinezza, dell’immortalità, della dematerializzazione. Le complesse questioni poste da tali prospettive, oltre a sollevare problemi di natura filosofica, etica, legislativa e politica, diventano oggetto di attenzione anche delle scienze della formazione, in primis la pedagogia. Il corpo, infatti, rappresenta un oggetto privilegiato del sapere pedagogico, nonché il perno di strutturazione di qualsiasi prassi educativa. D’altro canto, fragilità e mortalità sono precondizioni per ogni intervento di cura e formativo, in quanto ne tratteggiano lo sfondo di senso ultimo e ineludibile. Risulta pertanto di notevole importanza per la pedagogia problematizzare le pratiche discorsive postumaniste al fine di riflettere criticamente su tali immaginari e sul loro possibile impatto rispetto al mondo dell’educazione formale e informale. Pare altresì rilevante esaminare gli intrecci, le convergenze, le possibili contaminazioni e gli scarti fra il postumano, la pedagogia e la formazione, soprattutto rispetto ai temi dell’identità, del ruolo antropogenetico delle tecnologie, del rapporto tra l’uomo e le macchine e della relazione tra questo e la natura. La tecnologia, quale potenziamento delle capacità umane e quale necessario strumento intermediario del relazionarsi dell’uomo ai propri simili e agli altri enti di natura, si presta a divenire non soltanto mezzo, ma anche fine dell’agire, dell’essere e del divenire umano. Il pericolo celato all’interno di alcune posizioni postumaniste è che il superamento dell’umano divenga anche un superamento del suo agire, essere e divenire: predicati intrinsecamente inscindibili da un rapporto concreto e vissuto, ma ancora prima fragile e corporeo, tra il soggetto e qualsiasi realtà che si faccia realtà educativa. Per contrastare il superamento della vita e del vissuto, si rende di fondamentale importanza indagare quanto ciò che potenzia e connette rischi anche di separare e distanziare. Il contributo si pone l’obiettivo di esplorare questi temi problematizzando in modo particolare l’importanza, soggettiva e culturale, del mantenere viva la discussione su aspetti quali il ruolo della corporeità nei processi formativi, gli effetti pedagogici delle differenti forme di ibridazione (tra saperi, culture, popoli, enti umani e non umani) in una società digitale, multietnica, globalizzata, tecnicamente avanzata, anche al fine di riflettere su quali scenari e sfide attenderanno la formazione nel prossimo futuro.
Ferrante, A., Andreozzi, M. (2012). Corpi in divenire: esperienza formativa, ibridazione e tecnologia. Intervento presentato a: Convegno Nazionale STS "Tecnologie emergenti, mondi sociali", Rovigo.
Corpi in divenire: esperienza formativa, ibridazione e tecnologia
FERRANTE, ALESSANDRO PETERPrimo
;
2012
Abstract
Filosofie e movimenti postumanisti e transumanisti, pur nell’eterogeneità delle prospettive cui danno vita e che li connotano di volta in volta come tentativi di superamento dell’antropocentrismo umanista, riformulazioni postmoderne del femminismo, utopie scientiste, sembrano in molte loro declinazioni trovare ancoraggio in un immaginario sociale oggi amplificato dai media, il quale genera rappresentazioni specifiche rispetto alle dimensioni della corporeità e della fragilità che contraddistingue il vivente. In particolare, coloro che ambiscono ad un potenziamento dell’umano grazie al progresso tecnoscientifico che si vuole finalizzato all’eliminazione o quantomeno alla radicale ridefinizione dei confini e dei limiti biologici, ritenuti obsoleti, si spingono fino a postulare una possibile evoluzione autodiretta della specie umana e contestano il corpo nella sua storicità, mortalità, materialità, attingendo rispettivamente alle mitologie dell’eterna giovinezza, dell’immortalità, della dematerializzazione. Le complesse questioni poste da tali prospettive, oltre a sollevare problemi di natura filosofica, etica, legislativa e politica, diventano oggetto di attenzione anche delle scienze della formazione, in primis la pedagogia. Il corpo, infatti, rappresenta un oggetto privilegiato del sapere pedagogico, nonché il perno di strutturazione di qualsiasi prassi educativa. D’altro canto, fragilità e mortalità sono precondizioni per ogni intervento di cura e formativo, in quanto ne tratteggiano lo sfondo di senso ultimo e ineludibile. Risulta pertanto di notevole importanza per la pedagogia problematizzare le pratiche discorsive postumaniste al fine di riflettere criticamente su tali immaginari e sul loro possibile impatto rispetto al mondo dell’educazione formale e informale. Pare altresì rilevante esaminare gli intrecci, le convergenze, le possibili contaminazioni e gli scarti fra il postumano, la pedagogia e la formazione, soprattutto rispetto ai temi dell’identità, del ruolo antropogenetico delle tecnologie, del rapporto tra l’uomo e le macchine e della relazione tra questo e la natura. La tecnologia, quale potenziamento delle capacità umane e quale necessario strumento intermediario del relazionarsi dell’uomo ai propri simili e agli altri enti di natura, si presta a divenire non soltanto mezzo, ma anche fine dell’agire, dell’essere e del divenire umano. Il pericolo celato all’interno di alcune posizioni postumaniste è che il superamento dell’umano divenga anche un superamento del suo agire, essere e divenire: predicati intrinsecamente inscindibili da un rapporto concreto e vissuto, ma ancora prima fragile e corporeo, tra il soggetto e qualsiasi realtà che si faccia realtà educativa. Per contrastare il superamento della vita e del vissuto, si rende di fondamentale importanza indagare quanto ciò che potenzia e connette rischi anche di separare e distanziare. Il contributo si pone l’obiettivo di esplorare questi temi problematizzando in modo particolare l’importanza, soggettiva e culturale, del mantenere viva la discussione su aspetti quali il ruolo della corporeità nei processi formativi, gli effetti pedagogici delle differenti forme di ibridazione (tra saperi, culture, popoli, enti umani e non umani) in una società digitale, multietnica, globalizzata, tecnicamente avanzata, anche al fine di riflettere su quali scenari e sfide attenderanno la formazione nel prossimo futuro.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.