Il titolo di questo volume si potrebbe parafrasare come “comunicare secondo cultura”; esso deriva infatti dallo sviluppo di un principio alla base dell’antropologia linguistica: “comunicare significa costruire e mettere in scena una rappresentazione di se stessi”. Tutte le volte che ci impegniamo in un’interazione comunicativa, infatti, attiviamo un insieme complesso di risorse semiotiche (parole, gesti, sguardi, posture, movimenti, odori, carezze o strette di mano ecc.) e di canali sensoriali (udito, vista, tatto, olfatto) il cui carattere culturale è evidente: il più semplice segno linguistico così come la più sofisticata performance multisensoriale e multimodale sono allo stesso modo inseriti entro una cornice sociale e si svolgono secondo modalità, articolazioni, norme, durate ecc. dettate da specifiche configurazioni culturali. La comunicazione, quindi, non è mai neutra, ma implica un forte significato culturale, ha cioè ricadute in termini di identità. Alla luce di una prospettiva antropologica, allora, comunicare non è tanto trasmettere e scambiare informazioni, quanto costruire, negoziandola con gli altri, un’immagine di noi stessi. Ciò mette in luce il livello più profondo della comunicazione, quello che sottolinea la dimensione drammatica, teatrale, delle nostre azioni comunicative che, per questo, sono indici del nostro modo di esserci nel mondo, esprimono la nostra dimensione esistenziale. Al di là della funzione referenziale (trasmettere informazioni o descrivere la realtà), in ogni processo comunicativo assume una particolare rilevanza la funzione indessicale (costruire – produrre o riprodurre, convalidare o mettere in discussione – una relazione sociale). Se questo è vero per il linguaggio verbale, quindi per gli scambi linguistici, per il parlato e nell’ambito delle interazioni personali, faccia a faccia, strettamente legate alla necessità del controllo fisico (visivo, auditivo, sensoriale) continuo dell’interazione e della situazione comunicativa, è in ogni caso fondato affermare che i processi di comunicazione sono in gran parte segnati dalla drammaticità.
Matera, V. (2008). Comunicazione e cultura. Roma : Carocci.
Comunicazione e cultura
MATERA, VINCENZO
2008
Abstract
Il titolo di questo volume si potrebbe parafrasare come “comunicare secondo cultura”; esso deriva infatti dallo sviluppo di un principio alla base dell’antropologia linguistica: “comunicare significa costruire e mettere in scena una rappresentazione di se stessi”. Tutte le volte che ci impegniamo in un’interazione comunicativa, infatti, attiviamo un insieme complesso di risorse semiotiche (parole, gesti, sguardi, posture, movimenti, odori, carezze o strette di mano ecc.) e di canali sensoriali (udito, vista, tatto, olfatto) il cui carattere culturale è evidente: il più semplice segno linguistico così come la più sofisticata performance multisensoriale e multimodale sono allo stesso modo inseriti entro una cornice sociale e si svolgono secondo modalità, articolazioni, norme, durate ecc. dettate da specifiche configurazioni culturali. La comunicazione, quindi, non è mai neutra, ma implica un forte significato culturale, ha cioè ricadute in termini di identità. Alla luce di una prospettiva antropologica, allora, comunicare non è tanto trasmettere e scambiare informazioni, quanto costruire, negoziandola con gli altri, un’immagine di noi stessi. Ciò mette in luce il livello più profondo della comunicazione, quello che sottolinea la dimensione drammatica, teatrale, delle nostre azioni comunicative che, per questo, sono indici del nostro modo di esserci nel mondo, esprimono la nostra dimensione esistenziale. Al di là della funzione referenziale (trasmettere informazioni o descrivere la realtà), in ogni processo comunicativo assume una particolare rilevanza la funzione indessicale (costruire – produrre o riprodurre, convalidare o mettere in discussione – una relazione sociale). Se questo è vero per il linguaggio verbale, quindi per gli scambi linguistici, per il parlato e nell’ambito delle interazioni personali, faccia a faccia, strettamente legate alla necessità del controllo fisico (visivo, auditivo, sensoriale) continuo dell’interazione e della situazione comunicativa, è in ogni caso fondato affermare che i processi di comunicazione sono in gran parte segnati dalla drammaticità.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.