Il presente lavoro intende tracciare un’analisi storico-critica dell’epistemologia evoluzionistica, prendendo in esame le opere di Konrad Lorenz, Karl Raimund Popper e Donald T. Campbell, dopo averle inserite all’interno di una linea storica che risale al pensiero ed all’opera di Charles Darwin. L’epistemologia evoluzionistica, secondo la quale la conoscenza deve essere intesa primariamente come un prodotto dell’evoluzione biologica e considera quindi l’evoluzione biologica come la precondizione del comportamento cognitivo, culturale e sociale che un organismo, un gruppo o una specie può esprimere, ha le sue origini appunto già nei lavori di Charles Darwin. Il quadro esplicativo proposto da Darwin portava a considerare la vita, in modo totalmente “laico”, non più come il culmine di un processo attuato da una mente sovrannaturale, ma come l’esito conclusivo, ma contingente, di uno sviluppo evolutivo segnato da eventi inaspettati. Darwin poneva le premesse per una naturalizzazione della mente, ricollocandola nel contesto di una natura in evoluzione, senza alcuna finalità. Darwin rigettò ogni tentativo di rinunciare al naturalismo metodologico e di escludere a-priori l’applicazione del principio di selezione naturale alla mente umana e non arrivò mai a sostenere una posizione discontinuista. Dopo Darwin fu un filosofo, Herbert Spencer, che abbracciò entusiasticamente la teoria dell’evoluzione arrivando a considerare tutto come una manifestazione di una spinta evolutiva tesa verso il progresso. Fu però soprattutto negli Stati Uniti che la rivoluzione darwiniana impattò sulla filosofia. E’ noto che fin dalla sua apparizione L’origine delle specie venne accolta con grande interesse. E’ importante sottolineare che l’Epistemologia Evoluzionistica è strettamente connessa da una parte alla sintesi moderna, nel campo degli studi di biologia evoluzionistica e dall’altra all’ epistemologia naturalizzata di Willard van Orman Quine. D. T. Campbell fu, insieme a Karl Raimund Popper e Konrad Lorenz, protagonista, attorno agli anni ‘Settanta’ del secolo scorso, di una stagione molto importante per quanto concerne la ricezione della rivoluzione darwiniana all’interno dell’ambiente filosofico e più latamente intellettuale. In Popper l’epistemologia evoluzionistica fu interpretata in chiave più propriamente filosofica e lamarckiana, perché tutto il processo evolutivo viene letto come un processo creativo, che tende alla conoscenza. Konrad Lorenz ritiene che il progressivo processo di un sempre miglior adattamento degli organismi all’ambiente sia leggibile come una crescita di informazione sull’ambiente, che viene definito, in modo analogico, come “sapere”. ambpell non fu né un filosofo né uno storico della filosofia quanto a status accademico, ma uno psicologo. Questo fatto non è casuale: l’epistemologia evoluzionistica occupa uno spazio “extraterritoriale” all’interno della geografia accademica attuale ed è anche per questo motivo che non ha mai assunto un’identità ben definita, trovandosi ad occupare un territorio di confine fra la filosofia, la biologia evoluzionistica, la psicologia e la sociologia. Si tratta di un aspetto essenziale che va rimarcato in modo nettissimo, perché ha rappresentato una notevole difficoltà nella ricostruzione che è stata fatta del dibattito, rendendo quanto mai arduo definire i contorni e i limiti di questo ambito di ricerca. D.T. Campell adottò una prospettiva totalmente selezionista, applicandola a partire dal mondo del vivente su su fino alla scienza.

(2015). Le radici dell'epistemologia evoluzionistica: Popper, Campbell e Lorenz. (Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2015).

Le radici dell'epistemologia evoluzionistica: Popper, Campbell e Lorenz

DEBERNARDI, MASSIMO
2015

Abstract

Il presente lavoro intende tracciare un’analisi storico-critica dell’epistemologia evoluzionistica, prendendo in esame le opere di Konrad Lorenz, Karl Raimund Popper e Donald T. Campbell, dopo averle inserite all’interno di una linea storica che risale al pensiero ed all’opera di Charles Darwin. L’epistemologia evoluzionistica, secondo la quale la conoscenza deve essere intesa primariamente come un prodotto dell’evoluzione biologica e considera quindi l’evoluzione biologica come la precondizione del comportamento cognitivo, culturale e sociale che un organismo, un gruppo o una specie può esprimere, ha le sue origini appunto già nei lavori di Charles Darwin. Il quadro esplicativo proposto da Darwin portava a considerare la vita, in modo totalmente “laico”, non più come il culmine di un processo attuato da una mente sovrannaturale, ma come l’esito conclusivo, ma contingente, di uno sviluppo evolutivo segnato da eventi inaspettati. Darwin poneva le premesse per una naturalizzazione della mente, ricollocandola nel contesto di una natura in evoluzione, senza alcuna finalità. Darwin rigettò ogni tentativo di rinunciare al naturalismo metodologico e di escludere a-priori l’applicazione del principio di selezione naturale alla mente umana e non arrivò mai a sostenere una posizione discontinuista. Dopo Darwin fu un filosofo, Herbert Spencer, che abbracciò entusiasticamente la teoria dell’evoluzione arrivando a considerare tutto come una manifestazione di una spinta evolutiva tesa verso il progresso. Fu però soprattutto negli Stati Uniti che la rivoluzione darwiniana impattò sulla filosofia. E’ noto che fin dalla sua apparizione L’origine delle specie venne accolta con grande interesse. E’ importante sottolineare che l’Epistemologia Evoluzionistica è strettamente connessa da una parte alla sintesi moderna, nel campo degli studi di biologia evoluzionistica e dall’altra all’ epistemologia naturalizzata di Willard van Orman Quine. D. T. Campbell fu, insieme a Karl Raimund Popper e Konrad Lorenz, protagonista, attorno agli anni ‘Settanta’ del secolo scorso, di una stagione molto importante per quanto concerne la ricezione della rivoluzione darwiniana all’interno dell’ambiente filosofico e più latamente intellettuale. In Popper l’epistemologia evoluzionistica fu interpretata in chiave più propriamente filosofica e lamarckiana, perché tutto il processo evolutivo viene letto come un processo creativo, che tende alla conoscenza. Konrad Lorenz ritiene che il progressivo processo di un sempre miglior adattamento degli organismi all’ambiente sia leggibile come una crescita di informazione sull’ambiente, che viene definito, in modo analogico, come “sapere”. ambpell non fu né un filosofo né uno storico della filosofia quanto a status accademico, ma uno psicologo. Questo fatto non è casuale: l’epistemologia evoluzionistica occupa uno spazio “extraterritoriale” all’interno della geografia accademica attuale ed è anche per questo motivo che non ha mai assunto un’identità ben definita, trovandosi ad occupare un territorio di confine fra la filosofia, la biologia evoluzionistica, la psicologia e la sociologia. Si tratta di un aspetto essenziale che va rimarcato in modo nettissimo, perché ha rappresentato una notevole difficoltà nella ricostruzione che è stata fatta del dibattito, rendendo quanto mai arduo definire i contorni e i limiti di questo ambito di ricerca. D.T. Campell adottò una prospettiva totalmente selezionista, applicandola a partire dal mondo del vivente su su fino alla scienza.
VERGANI, MARIO
Pievani, Dietelmo
Epistemologia Evoluzionistica
M-FIL/02 - LOGICA E FILOSOFIA DELLA SCIENZA
Italian
20-mar-2015
Scuola di Dottorato in Scienze Umane
SCIENZE DELLA FORMAZIONE E DELLA COMUNICAZIONE - 47R
26
2012/2013
open
(2015). Le radici dell'epistemologia evoluzionistica: Popper, Campbell e Lorenz. (Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2015).
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Descrizione: Tesi di dottorato
Tipologia di allegato: Doctoral thesis
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10281/77475
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