La condizione umana torna ad imporsi quale tema che circola al fondo di un dibattito filosofico pubblico ormai non più circoscritto alle discussioni tra specialisti e che ruota attorno alla cosiddetta questione antropologica legata ai destini dell’umanismo. L’approccio fenomenologico adottato, interagendo con i più felici esiti dell’ermeneutica e della decostruzione, consente di proporne una descrizione che la caratterizza come preliminarmente relazionale, tra etica e politica. L’individuazione della figura concettuale del nome proprio, la definizione della sua complessa articolazione in rapporto all’idea moderna di soggettività e l’elaborazione di un modello di temporalità coerente costituiscono l’impianto teorico generale dell’opera. Questo viene quindi sottoposto ad una verifica della sua attendibilità attraverso un’ampia indagine relativa ai temi della bontà, della responsabilità, del perdono, della promessa e della fraternità che fornisce un ritratto ben più articolato, ricco e in definitiva pertinente della condizione umana. Solo un nome proprio può rispondere, promettere, perdonare, fare esperienza della fraternità e della bontà, ma è altrettanto vero – di fatto, ogni giorno – che esso stesso, e solo questo, può anche tacere, spergiurare, vendicarsi, manifestare l’ostilità e la malvagità. Rischio e risorsa dunque, ma sempre sul crinale difficile dell’incontro con l’altro e con gli altri, prova di una pre-liminare tenuta all’altro che ci fa uomini, tra etica e politica.
Vergani, M. (2007). Dal soggetto al nome proprio. Fenomenologia della condizione umana tra etica e politica. Milano : Bruno Mondadori.
Dal soggetto al nome proprio. Fenomenologia della condizione umana tra etica e politica
VERGANI, MARIO
2007
Abstract
La condizione umana torna ad imporsi quale tema che circola al fondo di un dibattito filosofico pubblico ormai non più circoscritto alle discussioni tra specialisti e che ruota attorno alla cosiddetta questione antropologica legata ai destini dell’umanismo. L’approccio fenomenologico adottato, interagendo con i più felici esiti dell’ermeneutica e della decostruzione, consente di proporne una descrizione che la caratterizza come preliminarmente relazionale, tra etica e politica. L’individuazione della figura concettuale del nome proprio, la definizione della sua complessa articolazione in rapporto all’idea moderna di soggettività e l’elaborazione di un modello di temporalità coerente costituiscono l’impianto teorico generale dell’opera. Questo viene quindi sottoposto ad una verifica della sua attendibilità attraverso un’ampia indagine relativa ai temi della bontà, della responsabilità, del perdono, della promessa e della fraternità che fornisce un ritratto ben più articolato, ricco e in definitiva pertinente della condizione umana. Solo un nome proprio può rispondere, promettere, perdonare, fare esperienza della fraternità e della bontà, ma è altrettanto vero – di fatto, ogni giorno – che esso stesso, e solo questo, può anche tacere, spergiurare, vendicarsi, manifestare l’ostilità e la malvagità. Rischio e risorsa dunque, ma sempre sul crinale difficile dell’incontro con l’altro e con gli altri, prova di una pre-liminare tenuta all’altro che ci fa uomini, tra etica e politica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.