Nel 1948 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la salute ‹‹uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale››. Si tratta di un approccio che definisce la salute non come assenza di malattia, bensì come condizione soggettiva dell’individuo. Allo stesso tempo la salute viene riconosciuta come un ‹‹diritto fondamentale di ciascun essere umano senza distinzione di razza, religione, credenza politica, condizione economica o sociale››. Un punto di forza di tale definizione di salute sta nel fatto che essa supera la visione dualista del sé, fatta propria dalle concezioni tradizionaliste che definiscono la salute in termini puramente biologici. Queste, infatti, non distinguono il benessere fisico del proprio corpo dal benessere più generale, psichico e sociale dell’individuo in quanto persona. La definizione dell’OMS asserisce questa intrinseca relazione tra il sé e il corpo, rendendo il benessere del primo indistinguibile dal benessere del secondo, tenendo conto del più generale quadro entro il quale gli individui esperiscono le proprie vite. Essa rende conto anche della diversa importanza assegnata da individui diversi a uguali condizioni fisiche: una stessa condizione può essere poco significativa per una persona e risultare, invece, invalidante per la vita di un’altra. Tuttavia, la definizione dell’OMS presenta anche diversi aspetti critici. In primo luogo, essa include una gamma troppo ampia di elementi determinanti il benessere della persona. Questi elementi sono, da un lato, assolutamente soggettivi e, dall’altro, fortemente condizionati dai modelli culturali dominanti. In secondo luogo, è chiaro che una così ampia definizione di salute rende pressoché irrealizzabile per tutti gli Stati l’equa tutela del diritto alla salute dei propri cittadini. Infatti, considerata la scarsità di risorse, i numerosi ambiti di intervento statale e i molti elementi su cui sarebbe necessario intervenire per garantire a tutti un completo stato di benessere fisico, psichico e sociale, è plausibile ritenere che nessun sistema sanitario statale sarebbe in grado di raggiungere un simile obiettivo.
Nobile, M. (2013). Riflessioni sulla definizione di salute dell'OMS. Intervento presentato a: 9. edizione del Seminario Nazionale di Sociologia del diritto, Capraia.
Riflessioni sulla definizione di salute dell'OMS
NOBILE, MARIANNA
2013
Abstract
Nel 1948 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la salute ‹‹uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale››. Si tratta di un approccio che definisce la salute non come assenza di malattia, bensì come condizione soggettiva dell’individuo. Allo stesso tempo la salute viene riconosciuta come un ‹‹diritto fondamentale di ciascun essere umano senza distinzione di razza, religione, credenza politica, condizione economica o sociale››. Un punto di forza di tale definizione di salute sta nel fatto che essa supera la visione dualista del sé, fatta propria dalle concezioni tradizionaliste che definiscono la salute in termini puramente biologici. Queste, infatti, non distinguono il benessere fisico del proprio corpo dal benessere più generale, psichico e sociale dell’individuo in quanto persona. La definizione dell’OMS asserisce questa intrinseca relazione tra il sé e il corpo, rendendo il benessere del primo indistinguibile dal benessere del secondo, tenendo conto del più generale quadro entro il quale gli individui esperiscono le proprie vite. Essa rende conto anche della diversa importanza assegnata da individui diversi a uguali condizioni fisiche: una stessa condizione può essere poco significativa per una persona e risultare, invece, invalidante per la vita di un’altra. Tuttavia, la definizione dell’OMS presenta anche diversi aspetti critici. In primo luogo, essa include una gamma troppo ampia di elementi determinanti il benessere della persona. Questi elementi sono, da un lato, assolutamente soggettivi e, dall’altro, fortemente condizionati dai modelli culturali dominanti. In secondo luogo, è chiaro che una così ampia definizione di salute rende pressoché irrealizzabile per tutti gli Stati l’equa tutela del diritto alla salute dei propri cittadini. Infatti, considerata la scarsità di risorse, i numerosi ambiti di intervento statale e i molti elementi su cui sarebbe necessario intervenire per garantire a tutti un completo stato di benessere fisico, psichico e sociale, è plausibile ritenere che nessun sistema sanitario statale sarebbe in grado di raggiungere un simile obiettivo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.