LA DIMENSIONE DI CASA IN COMUNITÀ. Riflessioni pedagogiche intorno a significati, spazi e pratiche per gli educatori professionali

The project, adopting an interdisciplinary perspective, between pedagogical and geographical knowledge, explored how the meanings and physical space of 'home' are used by professional educators in educating children in the community. Within the framework of the Convention on the Rights of the Child, the right of children to grow up in their family environment is widely enshrined, with particular emphasis on Articles 9 and 20. However, when this is not possible, and according to the principle of the child's best interests, signatory states are required to guarantee adequate care and protection (UN General Assembly, 1989). This protection may take the form of placement in a residential setting. Among the national and international panorama of residential services, guidelines and recommendations for the reception of minors outside the family can be found (Istituto degli Innocenti, 2017; UN General Assembly, 2009), aimed at guaranteeing the full explication of the rights of the children. These include an explicit reference to the temporal and spatial organisation of these services, which include an environment with the characteristics of a home: a familiar and homely context, connected to a network of services and opportunities for inclusion for children. However, given the need to set structural standards, exploring the lived dimension (Iori, 2007) of domestic space in the community is essential, intercepting the meanings, educational practices and functions connected to it. Domestic space directly recalls the concept of home: a multi-layered and complex object, in its being a physical space, a set of meanings and the relationship between these elements (Blunt & Dowling, 2006:2). This work originates from these premises. To understand this phenomenon, seen in its singularity and without producing generalisations, the strategy of the collective case study was chosen (Yin, 2018; Mortari,2007). Two residential care homes for children, located on the Lombardy, territory were selected, involving twelve professional educators and pedagogists. The project was conceived as a multi-phase study, consisting of four main phases: exploration of the relationship between 'individual meanings of home' and 'work in the community'- through in-depth interviews (N=12); representation of one's 'idea of home' in educational work - through the process of participatory photography (N=54); exploration of the relationship between meanings and practices of home-making in community work for the educational team - through the focus group and photo-elicitation tool N=3); sharing (and re-discussion) of the initial reflections that emerged with the research participants - through the focus group (N=3). The analysis followed the hermeneutic phenomenological orientation (Van Manen, 2016), allowing for the emergence of meanings connected to the experience, and enabling the rethinking of educational practice in the child protection system. Given the vast presence of visual tools and languages within the project, the matrix for analysing visual material developed by Wang and Hannes (2020) was used to emphasise the epistemic value of photographic data. The analysis process led to the identification of three themes: the physical space of home, the meanings of home in the lived experience of educators, and the practices of making home in the residential care home.

II progetto adottando una prospettiva interdisciplinare, tra il sapere pedagogico e quello geografico, ha esplorato in che modo i significati e lo spazio fisico di ‘casa’ sono utilizzati dagli educatori professionali nell’educare i bambini accolti in comunità. Nella cornice offerta dalla Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza è diffusamente sancito, con particolare attenzione agli articoli 9 e 20, il diritto dei bambini a crescere nel proprio ambiente familiare. Tuttavia, quando ciò non risulta possibile, e secondo il principio del miglior interesse del singolo bambino, i Paesi firmatari sono tenuti a garantire sistemi accoglienza e protezione adeguati (UN General Assembly, 1989). Tale protezione può tradursi nel collocamento presso una struttura residenziale. All’interno del panorama nazionale e internazionale in materia di servizi residenziali, si ritrovano linee guida e raccomandazioni per l’accoglienza dei minorenni fuori famiglia (Istituto degli Innocenti, 2017; UN General Assembly, 2009), atte a garantire la piena esplicitazione dei diritti dei minorenni accolti. Tra di esse si trova un esplicito riferimento all’ organizzazione temporale e spaziale di tali servizi, in cui rientra un ambiente con le caratteristiche della civile abitazione: un contesto familiare e accogliente, collegato a una rete di servizi e a occasioni di inclusione per i bambini. Tuttavia, posta la necessità di definire standard strutturali, risulta altresì cruciale esplorare la dimensione vissuta (Iori, 2007) dello spazio domestico in comunità, intercettando i significati, le pratiche educative e le funzioni a esso connesse. Lo spazio domestico richiama direttamente il concetto di casa: oggetto complesso e stratificato, nel suo essere uno spazio fisico, un insieme di significati e la relazione tra questi elementi (Blunt & Dowling, 2006:2). Il presente lavoro trae origini da queste premesse. Al fine di comprendere questo fenomeno, visto nella sua singolarità e senza produrre generalizzazioni, è stata scelta la strategia del collective case study (Yin, 2018; Mortari,2007). Sono state individuate due comunità educative per minorenni collocate sul territorio lombardo, coinvolgendo un totale di dodici educatori professionali e pedagogisti. Il progetto è stato concepito come uno studio multi-fase, composto da quattro fasi principali: esplorazione della relazione tra ‘significati individuali di casa’ e ‘lavoro in comunità’- attraverso la realizzazione di interviste in profondità (N=12); rappresentazione della propria ‘idea di casa’ nel lavoro di comunità - attraverso il processo di fotografia partecipativa (N=54); esplorazione della relazione tra significati e pratiche del fare casa nel lavoro in comunità per l’équipe educativa- attraverso lo strumento del focus group e della photo-elicitation N=3); condivisione (e ridiscussione) delle prime riflessioni emerse con i partecipanti alla ricerca- attraverso il focus group (N=3). L’analisi ha seguito l’orientamento fenomenologico ermeneutico (Van Manen, 2016), consentendo l’emersione dei significati connessi all’esperienza, consentendo di ripensare la prassi educativa nei servizi di tutela. Posta la vasta presenza di strumenti e linguaggi di natura visuale all’interno del progetto, è stata utilizzata la matrice per l’analisi del materiale visuale elaborato da Wang e Hannes (2020) per sottolineare il valore epistemico del dato fotografico. Il processo di analisi ha portato all’individuazione di tre temi: lo spazio fisico di casa, i significati di casa nell’esperienza vissuta degli educatori, le pratiche del far casa in comunità.