La «favola antica» della cicala e della formica, raccontata in versi da Esopo e ripresa molti secoli più tardi, al tempo del Re Sole, da Jean de La Fontaine, ha per molti secoli rappresentato un racconto, spietato e idealmente edificante, sull’etica del lavoro, esplicitata nella morale che chiude tante versioni del racconto, soprattutto quando espressamente rivolta a lettori in formazione: «Nessuno deve vivere pigro o negligente». Già Rodari e Maraini, negli anni Sessanta e da prospettive differenti, avevano provato a rovesciare questa morale con versi giocosi e scoppiettanti che celebravano la gratuità del donare e la felicità del canto come bene necessario; e anche Leo Lionni, negli stessi anni, aveva riletto la «favola antica» nel suo Federico, difendendo il lavoro del poeta e la sua utilità – profonda e necessaria – in una prospettiva di tipo esistenziale. Nel suo Cicala, uscito nel 2018, Shaun Tan ci offre una visione rinnovata e sorprendente di questa figura cara alla tradizione favolistica, spostando la riflessione su un piano differente rispetto a quello consueto, dove la tensione non sembra riguardare la dimensione morale implicata nel rapporto tra dovere e piacere, lavoro e vita, lungimiranza e godimento del presente, quanto piuttosto quello tra umano e non umano. La cicala, protagonista del racconto verbo-visuale qui preso in esame, offre così al lettore un’occasione di riflessione sulla condizione di angusta limitatezza della prospettiva umana sull’esistenza, colta grazie alla forza disvelante della metafora e della poesia: e la rappresentazione del lavoro, al tempo stesso terribilmente realistica e decisamente surreale – binomio fantastico caro alla poetica dell’autore – diventa occasione per una messa a fuoco di molti tratti tipici dell’«umano» e dei modi in cui l’«umano» si manifesta nelle relazioni di potere (soprattutto, ma non esclusivamente), toccando questioni che anche i bambini sanno facilmente riconoscere nella propria esperienza di vita associata. Come sempre Tan ha la straordinaria capacità di riuscire a mettere in scena situazioni impossibili dalla prodigiosa forza svelante, e la qualità altrettanto rara di farlo senza alcuna presunzione, ma grazie alla forza persuasiva della bellezza e dell’umorismo. Il contributo è inteso a esplorare i meccanismi narrativi – espressivi e linguistici – allestiti da Tan e a far emergere il portato anche filosofico della sua narrazione, mostrando come la letteratura per l’infanzia possa offrire, anche a lettori adulti, importanti occasioni di riflessione sulla propria condizione esistenziale e abbia, in questo senso, un’indiscutibile valenza educativa.
Negri, M. (2023). La saggezza umoristica di Cicala. Rappresentazione del lavoro e scarto metaforico nell’albo di Shaun Tan. In Sistemi educativi, Orientamento, Lavoro - Sessione plenaria e Sessioni parallele (pp.948-951). Lecce : Pensa MultiMedia.
La saggezza umoristica di Cicala. Rappresentazione del lavoro e scarto metaforico nell’albo di Shaun Tan
Negri, M
2023
Abstract
La «favola antica» della cicala e della formica, raccontata in versi da Esopo e ripresa molti secoli più tardi, al tempo del Re Sole, da Jean de La Fontaine, ha per molti secoli rappresentato un racconto, spietato e idealmente edificante, sull’etica del lavoro, esplicitata nella morale che chiude tante versioni del racconto, soprattutto quando espressamente rivolta a lettori in formazione: «Nessuno deve vivere pigro o negligente». Già Rodari e Maraini, negli anni Sessanta e da prospettive differenti, avevano provato a rovesciare questa morale con versi giocosi e scoppiettanti che celebravano la gratuità del donare e la felicità del canto come bene necessario; e anche Leo Lionni, negli stessi anni, aveva riletto la «favola antica» nel suo Federico, difendendo il lavoro del poeta e la sua utilità – profonda e necessaria – in una prospettiva di tipo esistenziale. Nel suo Cicala, uscito nel 2018, Shaun Tan ci offre una visione rinnovata e sorprendente di questa figura cara alla tradizione favolistica, spostando la riflessione su un piano differente rispetto a quello consueto, dove la tensione non sembra riguardare la dimensione morale implicata nel rapporto tra dovere e piacere, lavoro e vita, lungimiranza e godimento del presente, quanto piuttosto quello tra umano e non umano. La cicala, protagonista del racconto verbo-visuale qui preso in esame, offre così al lettore un’occasione di riflessione sulla condizione di angusta limitatezza della prospettiva umana sull’esistenza, colta grazie alla forza disvelante della metafora e della poesia: e la rappresentazione del lavoro, al tempo stesso terribilmente realistica e decisamente surreale – binomio fantastico caro alla poetica dell’autore – diventa occasione per una messa a fuoco di molti tratti tipici dell’«umano» e dei modi in cui l’«umano» si manifesta nelle relazioni di potere (soprattutto, ma non esclusivamente), toccando questioni che anche i bambini sanno facilmente riconoscere nella propria esperienza di vita associata. Come sempre Tan ha la straordinaria capacità di riuscire a mettere in scena situazioni impossibili dalla prodigiosa forza svelante, e la qualità altrettanto rara di farlo senza alcuna presunzione, ma grazie alla forza persuasiva della bellezza e dell’umorismo. Il contributo è inteso a esplorare i meccanismi narrativi – espressivi e linguistici – allestiti da Tan e a far emergere il portato anche filosofico della sua narrazione, mostrando come la letteratura per l’infanzia possa offrire, anche a lettori adulti, importanti occasioni di riflessione sulla propria condizione esistenziale e abbia, in questo senso, un’indiscutibile valenza educativa.File | Dimensione | Formato | |
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