La controversa riforma del sistema giudiziario, oggi in itinere, promossa dal governo guidato da Benjamin Netanyahu giunge a poche settimane dalle elezioni del novembre 2022, all’esito delle quali il leader di Likud è riuscito nell’impresa di formare il nuovo Esecutivo, grazie ad un accordo di coalizione con i partiti religiosi e nazionalisti. Il sesto mandato di Benjamin Netanyahu vede così un marcato spostamento a destra, che dal punto di vista politico e costituzionale sta già restituendo i primi contraccolpi. L’intervento propone un focus specifico sulle problematicità relative all’impatto di tale riforma sulla forma di Stato e di governo di Israele, coinvolgendo molteplici profili di livello costituzionale che rischiano di segnare un’involuzione autoritaria senza precedenti per questa esperienza statale. Oggi, il lento e graduale cammino del costituzionalismo israeliano basato sulla consuetudine del riconoscimento sembra avviarsi verso un’accentuazione delle tensioni intorno ai valori riconosciuti dall’organo giudiziario supremo, e il nuovo Esecutivo di estrema destra sta cogliendo l’opportunità per operarne un sostanziale svuotamento, rischiando di implementare uno squilibrio sistemico che appare ben più perturbante. Pertanto, la riflessione prenderà avvio da una breve ma cruciale analisi in ottica storico-evolutiva vertente sul ruolo assunto dalla Corte Suprema d’Israele, anche in virtù dell’assenza di una Carta scritta, al fine di comprendere le radici di un equilibrio istituzionale costantemente in bilico a causa di un conflitto mai sopito tra potere politico e potere giudiziario; nel quale quest’ultimo, e in particolare il proprio organo di vertice, si è posto come miglior bilanciamento e come «il più importante attore nel costituzionalismo israeliano» (Bendor 2020), in una costante opera di garanzia e presidio in un’epoca di intensa polarizzazione come quella dell’ultimo decennio. Successivamente, dunque, proprio in relazione all’essenza e alle modalità con le quali la Corte Suprema ha contribuito alla stabilizzazione democratica del Paese, si analizzerà il carattere potenzialmente esiziale della riforma in corso di approvazione, avuto riguardo al funzionamento della forma di governo e al rispetto di quel nucleo concettuale, fondamentale per le moderne democrazie, la Rule of law, inteso nel suo essere margine al Potere politico e fondamento a garanzia delle libertà.
Mannarini, G. (2023). La riforma del sistema giudiziario di Israele tra criticità sistemiche e prospettive inquietanti. Intervento presentato a: IX Convegno dell’Associazione di Diritto pubblico comparato ed europeo "Giurisdizioni costituzionali e poteri politici. Riflessioni in chiave comparata", Milano, Italia.
La riforma del sistema giudiziario di Israele tra criticità sistemiche e prospettive inquietanti
Mannarini, G
2023
Abstract
La controversa riforma del sistema giudiziario, oggi in itinere, promossa dal governo guidato da Benjamin Netanyahu giunge a poche settimane dalle elezioni del novembre 2022, all’esito delle quali il leader di Likud è riuscito nell’impresa di formare il nuovo Esecutivo, grazie ad un accordo di coalizione con i partiti religiosi e nazionalisti. Il sesto mandato di Benjamin Netanyahu vede così un marcato spostamento a destra, che dal punto di vista politico e costituzionale sta già restituendo i primi contraccolpi. L’intervento propone un focus specifico sulle problematicità relative all’impatto di tale riforma sulla forma di Stato e di governo di Israele, coinvolgendo molteplici profili di livello costituzionale che rischiano di segnare un’involuzione autoritaria senza precedenti per questa esperienza statale. Oggi, il lento e graduale cammino del costituzionalismo israeliano basato sulla consuetudine del riconoscimento sembra avviarsi verso un’accentuazione delle tensioni intorno ai valori riconosciuti dall’organo giudiziario supremo, e il nuovo Esecutivo di estrema destra sta cogliendo l’opportunità per operarne un sostanziale svuotamento, rischiando di implementare uno squilibrio sistemico che appare ben più perturbante. Pertanto, la riflessione prenderà avvio da una breve ma cruciale analisi in ottica storico-evolutiva vertente sul ruolo assunto dalla Corte Suprema d’Israele, anche in virtù dell’assenza di una Carta scritta, al fine di comprendere le radici di un equilibrio istituzionale costantemente in bilico a causa di un conflitto mai sopito tra potere politico e potere giudiziario; nel quale quest’ultimo, e in particolare il proprio organo di vertice, si è posto come miglior bilanciamento e come «il più importante attore nel costituzionalismo israeliano» (Bendor 2020), in una costante opera di garanzia e presidio in un’epoca di intensa polarizzazione come quella dell’ultimo decennio. Successivamente, dunque, proprio in relazione all’essenza e alle modalità con le quali la Corte Suprema ha contribuito alla stabilizzazione democratica del Paese, si analizzerà il carattere potenzialmente esiziale della riforma in corso di approvazione, avuto riguardo al funzionamento della forma di governo e al rispetto di quel nucleo concettuale, fondamentale per le moderne democrazie, la Rule of law, inteso nel suo essere margine al Potere politico e fondamento a garanzia delle libertà.File | Dimensione | Formato | |
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