La malattia di Alzheimer è la più diffusa forma di demenza presente ad oggi in età adulta, e i suoi effetti si ripercuotono spesso sugli stessi caregiver informali (CG) dei malati. Obiettivo di tale studio è stato valutare, su due campioni relativamente composti da 20 CG domiciliari e 20 CG che hanno ricoverato il proprio anziano presso una RSA, gli effetti del lavoro di cura rispetto a carico, ansia, depressione e qualità della vita, e di eventuali variabili intervenienti in termini di moderazione. I risultati ottenuti mostrano come le sole differenze significative tra i due campioni rispetto agli outcome considerati siano i punteggi relativi al carico totale, oggettivo, evolutivo e fisico, e per le sottoscale dominio fisico e psicologico della qualità della vita. Non si riscontrano invece differenze significative per i punteggi di depressione, ansia di stato (in entrambi i campioni significativamente superiore alla media della popolazione) e ansia di tratto. Sono stati inoltre individuati diversi fattori di moderazione i quali, contrariamente a quanto riportato in letteratura, producono effetti differenti a seconda del campione considerato. In particolare variabili quali un coping basato sulla religiosità e sulla reinterpretazione positiva della malattia, nonchè una personale propensione alla prosocialità e il sostegno sociale ricevuto durante il processo di cura sembrano introdurre il tema del maggior senso di colpa provato da quei CG che per diversi motivi hanno ricoverato il proprio malato presso un istituto di cura, e che di conseguenza reagiscono in modo diverso alle variabili sopraelencate rispetto ai CG che curano l'anziano domiciliarmente. In un'ottica operativa, i risultati ottenuti possono aiutare a meglio comprendere le differenze che contraddistinguono i due tipi di caregiving, indirizzando la ricerca e la pratica clinica quotidiana verso quegli interventi che, a seconda del soggetto cui sono destinati, possono avere una maggiore efficacia e utilità.
Gatti, M., Ripamonti, C. (2012). Il caregiving nel malato di Alzheimer: ripercussioni cliniche. In Congresso nazionale delle sezioni, Chieti, 20-23 settembre 2012. 1992-2012 Psicologia, scienza, società. Torino : Espress Edizioni.
Il caregiving nel malato di Alzheimer: ripercussioni cliniche
RIPAMONTI, CHIARA ADRIANA
2012
Abstract
La malattia di Alzheimer è la più diffusa forma di demenza presente ad oggi in età adulta, e i suoi effetti si ripercuotono spesso sugli stessi caregiver informali (CG) dei malati. Obiettivo di tale studio è stato valutare, su due campioni relativamente composti da 20 CG domiciliari e 20 CG che hanno ricoverato il proprio anziano presso una RSA, gli effetti del lavoro di cura rispetto a carico, ansia, depressione e qualità della vita, e di eventuali variabili intervenienti in termini di moderazione. I risultati ottenuti mostrano come le sole differenze significative tra i due campioni rispetto agli outcome considerati siano i punteggi relativi al carico totale, oggettivo, evolutivo e fisico, e per le sottoscale dominio fisico e psicologico della qualità della vita. Non si riscontrano invece differenze significative per i punteggi di depressione, ansia di stato (in entrambi i campioni significativamente superiore alla media della popolazione) e ansia di tratto. Sono stati inoltre individuati diversi fattori di moderazione i quali, contrariamente a quanto riportato in letteratura, producono effetti differenti a seconda del campione considerato. In particolare variabili quali un coping basato sulla religiosità e sulla reinterpretazione positiva della malattia, nonchè una personale propensione alla prosocialità e il sostegno sociale ricevuto durante il processo di cura sembrano introdurre il tema del maggior senso di colpa provato da quei CG che per diversi motivi hanno ricoverato il proprio malato presso un istituto di cura, e che di conseguenza reagiscono in modo diverso alle variabili sopraelencate rispetto ai CG che curano l'anziano domiciliarmente. In un'ottica operativa, i risultati ottenuti possono aiutare a meglio comprendere le differenze che contraddistinguono i due tipi di caregiving, indirizzando la ricerca e la pratica clinica quotidiana verso quegli interventi che, a seconda del soggetto cui sono destinati, possono avere una maggiore efficacia e utilità.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.