Disastro, catastrofe, genocidio, strage. Tanti sono i termini utilizzati per definire quanto avvenuto il 9 ottobre 1963 nell’area del Vajont, così come tanti sono i modi di ricordare e raccontare questa storia. Dopo anni di silenzio e oblio, dalla fine degli anni ’90 si è (ri)costituita attorno a questa vicenda una comunità mnemonica. È anche grazie a una distanza temporale dagli eventi che è stato possibile avviare processi di memorializzazione, legati soprattutto alla volontà dei superstiti di trasmettere le loro storie alle generazioni che non hanno vissuto né il tempo del Vajont né tantomeno quello che ha preceduto questa “cesura temporale”. L’intervento prende spunto da una ricerca etnografica in corso. Si intende porre a confronto differenti strategie e retoriche della memoria messe in atto da istituzioni e superstiti, partendo dai risvolti più pratici, ovvero quelli legati alla gestione del turismo della memoria. Il fine è quello di portare uno sguardo critico sui progetti in corso, utile a pensare buone pratiche legate alla fruizione turistica di territori colpiti da eventi distruttivi. “Ti rivedrò con gli occhi della memoria” è un progetto dell’Ecomuseo Vajont che vuole creare un percorso alternativo per chi si approccia al territorio: distogliere lo sguardo dalla diga (principale attrazione turistica dell’area) per inoltrarsi tra i resti dei borghi distrutti dall’onda, dove sono stati collocati pannelli con immagini e storie dei luoghi e delle persone che li abitavano. Le narrazioni riportate sono memorie in prima persona dei superstiti, raccolte principalmente da altri membri della comunità. Una strada diversa da quella sinora intrapresa dalla Fondazione Vajont, ente che si occupa della formazione degli “Informatori della Memoria”. La Fondazione presenta la sua ultima pubblicazione Vajont. Una storia da raccontare (2019) come strumento per poter fornire una “narrazione sostenuta da sequenze logiche”, basata su “fatti documentati con assoluto rigore e adeguata oggettività”, tralasciando le memorie in prima persona e operando una precisa selezione dei fatti. Questa pubblicazione, “guida ufficiale” per Informatori e turisti, parte proprio dalla diga, considerata principale luogo della memoria. Sguardi diversi che portano a indicare cammini differenti per chi si reca nella Valle alla scoperta del suo passato. Quella del Vajont è “una storia da raccontare” o sono tante storie con voci differenti? Come può essere declinato il rapporto tra storia, memoria di gruppo e ricordo personale nella costruzione di itinerari didattici e turistici? Quali sono le vie possibili per “patrimonializzare” un evento distruttivo di tale portata? Ma soprattutto, qual è oggi il valore politico di queste memorie, e perché sono ancora terreno di contrasto?
Calzana, C. (2020). “Ti rivedrò con gli occhi della memoria”. Una via alternativa al Vajont. In Fare (in) tempo cosa dicono gli antropologi sulle società dell'incertezza VIII Convegno Nazionale Società Italiana di Antropologia Applicata - Book of Abstracts (pp.29-30).
“Ti rivedrò con gli occhi della memoria”. Una via alternativa al Vajont
Calzana, C
Primo
2020
Abstract
Disastro, catastrofe, genocidio, strage. Tanti sono i termini utilizzati per definire quanto avvenuto il 9 ottobre 1963 nell’area del Vajont, così come tanti sono i modi di ricordare e raccontare questa storia. Dopo anni di silenzio e oblio, dalla fine degli anni ’90 si è (ri)costituita attorno a questa vicenda una comunità mnemonica. È anche grazie a una distanza temporale dagli eventi che è stato possibile avviare processi di memorializzazione, legati soprattutto alla volontà dei superstiti di trasmettere le loro storie alle generazioni che non hanno vissuto né il tempo del Vajont né tantomeno quello che ha preceduto questa “cesura temporale”. L’intervento prende spunto da una ricerca etnografica in corso. Si intende porre a confronto differenti strategie e retoriche della memoria messe in atto da istituzioni e superstiti, partendo dai risvolti più pratici, ovvero quelli legati alla gestione del turismo della memoria. Il fine è quello di portare uno sguardo critico sui progetti in corso, utile a pensare buone pratiche legate alla fruizione turistica di territori colpiti da eventi distruttivi. “Ti rivedrò con gli occhi della memoria” è un progetto dell’Ecomuseo Vajont che vuole creare un percorso alternativo per chi si approccia al territorio: distogliere lo sguardo dalla diga (principale attrazione turistica dell’area) per inoltrarsi tra i resti dei borghi distrutti dall’onda, dove sono stati collocati pannelli con immagini e storie dei luoghi e delle persone che li abitavano. Le narrazioni riportate sono memorie in prima persona dei superstiti, raccolte principalmente da altri membri della comunità. Una strada diversa da quella sinora intrapresa dalla Fondazione Vajont, ente che si occupa della formazione degli “Informatori della Memoria”. La Fondazione presenta la sua ultima pubblicazione Vajont. Una storia da raccontare (2019) come strumento per poter fornire una “narrazione sostenuta da sequenze logiche”, basata su “fatti documentati con assoluto rigore e adeguata oggettività”, tralasciando le memorie in prima persona e operando una precisa selezione dei fatti. Questa pubblicazione, “guida ufficiale” per Informatori e turisti, parte proprio dalla diga, considerata principale luogo della memoria. Sguardi diversi che portano a indicare cammini differenti per chi si reca nella Valle alla scoperta del suo passato. Quella del Vajont è “una storia da raccontare” o sono tante storie con voci differenti? Come può essere declinato il rapporto tra storia, memoria di gruppo e ricordo personale nella costruzione di itinerari didattici e turistici? Quali sono le vie possibili per “patrimonializzare” un evento distruttivo di tale portata? Ma soprattutto, qual è oggi il valore politico di queste memorie, e perché sono ancora terreno di contrasto?File | Dimensione | Formato | |
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