Il volume indaga le ragioni della persistenza di media di servizio pubblico in un contesto ove, con la digitalizzazione e l’informazione online, il tema del pluralismo radiotelevisivo parrebbe definitivamente risolto. Il tema è affrontato secondo una prospettiva classica del diritto costituzionale, in termini non di efficienza ma di libertà e di democrazia: l’attuale assetto dei media, quale risulta dall’impetuoso sviluppo tecnologico e dalla formazione di un mercato internazionale dei contenuti audiovisivi, è in grado di assicurare un dibattito pubblico plurale? La risposta, tendenzialmente negativa, conduce alla domanda successiva, che riguarda il nuovo fondamento e ruolo del servizio pubblico. Per rispondere a questa seconda domanda, il saggio si confronta con i vincoli discendenti dal diritto sovranazionale e con i nuovi modelli di servizio pubblico che altri Paesi hanno elaborato. Da qui la disanima del diritto europeo, da un lato, e della disciplina vigente in Gran Bretagna, in Germania, in Francia e Spagna, dall’altro. La rassegna ha un significato preciso: sottolineare come molti Paesi abbiano sentito l’esigenza di rinnovare profondamente il proprio servizio pubblico, per ridefinire le garanzie di indipendenza e la legittimazione. Risalta per contrasto la miopia del legislatore italiano, capace solo di accrescere il peso dell’Esecutivo negli organi di governo della concessionaria, in palese contrasto con i “comandamenti” formulati dal giudice costituzionale e con l’idea di servizio pubblico quale agorà aperta, luogo di dibattito non partigiano ove rappresentare la diversità culturale. Dalla analisi ragionata di questi elementi scaturisce la tesi dell’autore, esposta all’inizio e ripresa alla fine del volume. Una volta venute a mancare le ragioni del monopolio, come è avvenuto negli anni Settanta dello scorso secolo in tutti i Paesi europei; una volta dimostratosi insoddisfacente il rispecchiamento del pluralismo politico-partitico; una volta, infine, emersa la pressione invincibile degli interessi economici a livello globale, il fondamento del servizio pubblico non può che risiedere nella sua autonomia rispetto al potere politico ed economico. Ciò lo candiderebbe ad assumere il ruolo di “contro-potere”, o di “istituzione di garanzia” come spazio neutrale dove le idee possano confrontarsi dialetticamente”, sul modello della scuola pubblica. In un contesto tecnologico che tende alla polarizzazione e alla estremizzazione delle opinioni, ciò che viene a mancare è in effetti l’occasione di ascoltare idee diverse dalle proprie, abituandosi se non altro a tollerarle. Ciò presuppone che il servizio pubblico possa agire non solo nel settore radiotelevisivo, che resta comunque il più importante, ma anche in Rete, ove lo spazio neutrale offerto dal servizio pubblico potrebbe anche favorire la formazione di idee originali.
Vigevani, G. (2018). I media di servizio pubblico nell’età della rete. Verso un nuovo fondamento costituzionale, tra autonomia e pluralismo. Torino : Giappichelli.
I media di servizio pubblico nell’età della rete. Verso un nuovo fondamento costituzionale, tra autonomia e pluralismo
vigevani
2018
Abstract
Il volume indaga le ragioni della persistenza di media di servizio pubblico in un contesto ove, con la digitalizzazione e l’informazione online, il tema del pluralismo radiotelevisivo parrebbe definitivamente risolto. Il tema è affrontato secondo una prospettiva classica del diritto costituzionale, in termini non di efficienza ma di libertà e di democrazia: l’attuale assetto dei media, quale risulta dall’impetuoso sviluppo tecnologico e dalla formazione di un mercato internazionale dei contenuti audiovisivi, è in grado di assicurare un dibattito pubblico plurale? La risposta, tendenzialmente negativa, conduce alla domanda successiva, che riguarda il nuovo fondamento e ruolo del servizio pubblico. Per rispondere a questa seconda domanda, il saggio si confronta con i vincoli discendenti dal diritto sovranazionale e con i nuovi modelli di servizio pubblico che altri Paesi hanno elaborato. Da qui la disanima del diritto europeo, da un lato, e della disciplina vigente in Gran Bretagna, in Germania, in Francia e Spagna, dall’altro. La rassegna ha un significato preciso: sottolineare come molti Paesi abbiano sentito l’esigenza di rinnovare profondamente il proprio servizio pubblico, per ridefinire le garanzie di indipendenza e la legittimazione. Risalta per contrasto la miopia del legislatore italiano, capace solo di accrescere il peso dell’Esecutivo negli organi di governo della concessionaria, in palese contrasto con i “comandamenti” formulati dal giudice costituzionale e con l’idea di servizio pubblico quale agorà aperta, luogo di dibattito non partigiano ove rappresentare la diversità culturale. Dalla analisi ragionata di questi elementi scaturisce la tesi dell’autore, esposta all’inizio e ripresa alla fine del volume. Una volta venute a mancare le ragioni del monopolio, come è avvenuto negli anni Settanta dello scorso secolo in tutti i Paesi europei; una volta dimostratosi insoddisfacente il rispecchiamento del pluralismo politico-partitico; una volta, infine, emersa la pressione invincibile degli interessi economici a livello globale, il fondamento del servizio pubblico non può che risiedere nella sua autonomia rispetto al potere politico ed economico. Ciò lo candiderebbe ad assumere il ruolo di “contro-potere”, o di “istituzione di garanzia” come spazio neutrale dove le idee possano confrontarsi dialetticamente”, sul modello della scuola pubblica. In un contesto tecnologico che tende alla polarizzazione e alla estremizzazione delle opinioni, ciò che viene a mancare è in effetti l’occasione di ascoltare idee diverse dalle proprie, abituandosi se non altro a tollerarle. Ciò presuppone che il servizio pubblico possa agire non solo nel settore radiotelevisivo, che resta comunque il più importante, ma anche in Rete, ove lo spazio neutrale offerto dal servizio pubblico potrebbe anche favorire la formazione di idee originali.File | Dimensione | Formato | |
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