In questo articolo mi propongo di mostrare l’importanza dell’analisi etnografica, del metodo etnografico e anche, in termini più generali, dello stile intellettuale dell’antropologia culturale, ai fini di una più ampia comprensione critica della nostra realtà quotidiana. Nel compiere questa operazione mi ricollego direttamente a quanto ha affermato Alessandro Dal Lago nel suo contributo al dibattito su «Immigrazione, criminalità e ruolo pubblico del sociologo» sul precedente numero di questa rivista (Dal Lago, 2010), e cioè: “Barbagli solleva indirettamente una questione importante, e cioè la profonda differenza di sensibilità (teorica, empirica, politica e morale) tra il suo stile di ricerca e un altro che, anche in Italia, si sta affermando da qualche tempo e che chiamerò in generale etnografico e qualitativo, intendendo con tali termini l’interesse per la descrizione e l’interpretazione dei fatti sociali, ben lontano dalla pretesa di spiegarli sulla base di dati obiettivati e istituzionali”. Presento, quindi, appunto al fine di offrire una prospettiva – ovviamente da discutere – che derivi dallo stile di ricerca evocato da Dal Lago, l’analisi di alcuni eventi attuali che riguardano in primo piano la società italiana, sullo sfondo di una cornice internazionale, eventi riconducibili al grande binomio immigrazione-sicurezza, che è del resto l’argomento (e il titolo) del saggio di Barbagli (2008) discusso su questa rivista nel numero 1-2010. Ai margini – ma solo ai margini – della mia riflessione si pone inoltre il dubbio se e in che modo l’antropologia possa raggiungere più ampie fasce della pubblica opinione e, più in generale, il problema di come l’antropologia possa farsi ascoltare; una questione importante e non di oggi, se pensiamo a quanto sia modesta la presenza degli antropologi nella sfera pubblica (cfr. Borofsky, 2000; Geertz, 2001; Hannerz, 2003).
Matera, V. (2010). Pensare da antropologi. Esercizi di stile etnografico. ETNOGRAFIA E RICERCA QUALITATIVA, 3(2), 290-300.
Pensare da antropologi. Esercizi di stile etnografico
MATERA, VINCENZO
2010
Abstract
In questo articolo mi propongo di mostrare l’importanza dell’analisi etnografica, del metodo etnografico e anche, in termini più generali, dello stile intellettuale dell’antropologia culturale, ai fini di una più ampia comprensione critica della nostra realtà quotidiana. Nel compiere questa operazione mi ricollego direttamente a quanto ha affermato Alessandro Dal Lago nel suo contributo al dibattito su «Immigrazione, criminalità e ruolo pubblico del sociologo» sul precedente numero di questa rivista (Dal Lago, 2010), e cioè: “Barbagli solleva indirettamente una questione importante, e cioè la profonda differenza di sensibilità (teorica, empirica, politica e morale) tra il suo stile di ricerca e un altro che, anche in Italia, si sta affermando da qualche tempo e che chiamerò in generale etnografico e qualitativo, intendendo con tali termini l’interesse per la descrizione e l’interpretazione dei fatti sociali, ben lontano dalla pretesa di spiegarli sulla base di dati obiettivati e istituzionali”. Presento, quindi, appunto al fine di offrire una prospettiva – ovviamente da discutere – che derivi dallo stile di ricerca evocato da Dal Lago, l’analisi di alcuni eventi attuali che riguardano in primo piano la società italiana, sullo sfondo di una cornice internazionale, eventi riconducibili al grande binomio immigrazione-sicurezza, che è del resto l’argomento (e il titolo) del saggio di Barbagli (2008) discusso su questa rivista nel numero 1-2010. Ai margini – ma solo ai margini – della mia riflessione si pone inoltre il dubbio se e in che modo l’antropologia possa raggiungere più ampie fasce della pubblica opinione e, più in generale, il problema di come l’antropologia possa farsi ascoltare; una questione importante e non di oggi, se pensiamo a quanto sia modesta la presenza degli antropologi nella sfera pubblica (cfr. Borofsky, 2000; Geertz, 2001; Hannerz, 2003).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.