La teoria darwiniana dell’evoluzione rappresenta uno dei maggiori successi scientifici di ogni tempo. Eppure una percentuale molto alta di persone nei paesi occidentali fa mostra di credere in varie forme di creazionismo e di rifiutare la teoria dell’evoluzione. Questo difetto di persuasività è per molti versi sorprendente. I dati convergenti della psicologia dello sviluppo, della psicologia evoluzionistica, dell’antropologia e delle neuroscienze suggeriscono una programmazione biologica delle nostre menti per distinguere naturalmente le entità inerti (gli oggetti fisici) e quelle di natura psicologica (gli agenti animati) e per l’attribuzione e, incidentalmente, l’iper-attribuzione, di scopi e intenzioni agli oggetti animati e inanimati. Ciò spiegherebbe l’inclinazione naturale a trovare psicologicamente soddisfacenti le spiegazioni animistiche o quelle basate sul “disegno”, intelligente o divino che dir si voglia, delle nostre origini. La specie umana ci ha abituato alle innovazioni, biologiche prima e culturali poi. Essere consapevoli di come si sono evoluti i nostri vincoli cognitivi potrebbe essere un’occasione per maneggiarli in modo più razionale.
Girotto, V., Pievani, D., Vallortigara, G. (2008). Nati per credere. Perché il nostro cervello sembra predisposto a fraintendere la teoria di Darwin. Torino : Codice Edizioni.
Nati per credere. Perché il nostro cervello sembra predisposto a fraintendere la teoria di Darwin
PIEVANI, DIETELMO;
2008
Abstract
La teoria darwiniana dell’evoluzione rappresenta uno dei maggiori successi scientifici di ogni tempo. Eppure una percentuale molto alta di persone nei paesi occidentali fa mostra di credere in varie forme di creazionismo e di rifiutare la teoria dell’evoluzione. Questo difetto di persuasività è per molti versi sorprendente. I dati convergenti della psicologia dello sviluppo, della psicologia evoluzionistica, dell’antropologia e delle neuroscienze suggeriscono una programmazione biologica delle nostre menti per distinguere naturalmente le entità inerti (gli oggetti fisici) e quelle di natura psicologica (gli agenti animati) e per l’attribuzione e, incidentalmente, l’iper-attribuzione, di scopi e intenzioni agli oggetti animati e inanimati. Ciò spiegherebbe l’inclinazione naturale a trovare psicologicamente soddisfacenti le spiegazioni animistiche o quelle basate sul “disegno”, intelligente o divino che dir si voglia, delle nostre origini. La specie umana ci ha abituato alle innovazioni, biologiche prima e culturali poi. Essere consapevoli di come si sono evoluti i nostri vincoli cognitivi potrebbe essere un’occasione per maneggiarli in modo più razionale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.