Anagramma del più tradizionale file sharing, life sharing può essere interpretato come metafora evolutiva di una nuova forma di digital storytelling. Lo scambio di file e informazioni si evolve nella condivisione quotidiana di tracce del proprio vissuto. Condividere la propria vita online, come pubblici connessi, significa relazionarsi con altri utenti non attraverso un medium ma all’interno di ambienti conversazionali e spazi relazionali. A questi spazi, e alle dinamiche identitarie e sociali in essi veicolate, è dedicato il mio lavoro di ricerca. Il rapporto sempre più stretto tra web e vita quotidiana ha contribuito a generare un information overloading difficile da gestire, simbolo di un processo evolutivo in cui il life sharing ha un ruolo chiave: la mole vertiginosa di micro-storie personali pubblicate e condivise attimo dopo attimo è alla base di una rivoluzione definibile nei termini di “Real-Time Web”. Il web in tempo reale si basa su un flusso indiscriminato di aggiornamenti personali riguardanti qualsiasi tipo di argomento: pensieri astratti, azioni quotidiane, stati d’animo. Se le piattaforme di social network rappresentano nel web 2.0 gli spazi privilegiati per interagire con altri utenti, lo status updating (l’aggiornamento del proprio stato) si configura come l’azione più dirompente e pervasiva del web in tempo reale. Facebook e Twitter esemplificano un desiderio diffuso di condividere la propria vita, in tempo reale, attraverso brevissimi messaggi di testo. Ma quali sono le motivazioni, personali e sociali, alla base di un simile desiderio, che in alcuni casi si configura come vera e propria necessità? Nel tentativo di rispondere a questa domanda ho deciso di analizzare un campione composto da giovani adulti che, per età e per abitudini di consumo mediale, possono rientrare nella categoria dei cosiddetti “nativi digitali”. Con quest’ultimo termine sempre più spesso vengono definite le nuove generazioni di ragazzi nati e cresciuti in un ambiente digitalizzato e in una cultura in cui il digitale influenza le tradizionali dinamiche di relazione e di apprendimento. Ho scelto di osservare le attività online di studenti universitari italiani che hanno vissuto le prime influenze della cultura digitale in fase adolescenziale e che si apprestano ad entrare nell’età adulta sperimentando, nell’esperienza online, nuove modalità di esprimersi e di relazionarsi con gli altri. Le piattaforme racchiuse sotto il termine social media non sono spazi neutri bensì ambienti fortemente caratterizzati in cui tecnologia e socialità appaiono come forze complementari. L’impatto dei media sociali sui processi di costruzione identitaria e di relazione tra pari ha le sembianze di un cambiamento di paradigma più complesso e radicato di quella che potrebbe sembrare una banale moda adolescenziale. In base a quest’ultimo assunto, le ipotesi principali formulate all’interno della mia analisi possono essere racchiuse entro tre assi teorici distinti. Su ogni asse sono collocate coppie di concetti che rappresentano il continuum teorico di riferimento: a) identità - relazione; b) pubblico - privato; c) reale - virtuale. La presenza all’interno di una piattaforma di social network non è dettata soltanto da una banale curiosità ma, in modo più profondo, risponde alla volontà di soddisfare un preciso bisogno identitario e relazionale. Si è su Facebook e su Twitter per comunicare con altri utenti ma anche per esprimere se stessi, spesso senza tener conto del giudizio altrui. I nativi digitali hanno realmente perso il valore della privacy nelle proprie attività online? Nell’era di Facebook il concetto di privacy non viene meno, ma assume una forma più "liquida" rispetto a quella riscontrabile nelle generazioni più adulte. Comunicare all’interno di una piattaforma di social network non equivale alla perdita totale della privacy e del controllo sulle proprie informazioni. Al contrario, la presenza all’interno dei nuovi spazi conversazionali del web necessita di essere modellata intorno a una diversa concezione della privacy, legata a un diverso modo di intendere il valore, anche a medio e lungo termine, di ciò che viene pubblicato e condiviso. Lo spazio in rete è stato spesso descritto e analizzato come una sorta di dimensione parallela rispetto al più concreto piano del reale. Virtualità e realtà come due piani distinti e antagonisti, dunque. Ma cosa accade quando ciò che viene fatto, o detto, sul web, finisce per avere ripercussioni anche nel piano del reale? Davvero i milioni di giovani utenti che trascorrono sempre più tempo all’interno delle piattaforme di social network credono che il web sia qualcosa di altro e distaccato rispetto alla propria vita quotidiana? Quanto sono reali le loro amicizie online? E quanto, invece, sono virtuali le idee, le opinioni che condividono quotidianamente in rete con i propri contatti? Appare lecito e opportuno parlare non di virtualità contrapposta alla realtà, ma di una nuova forma di “socialità aumentata” nella quale le tracce di vita digitale altro non sono se non appendici di ciò che siamo soliti definire vita “reale”.

(2010). Life sharing. Identità e relazione nel web in tempo reale.. (Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2010).

Life sharing. Identità e relazione nel web in tempo reale.

MIZZELLA, STEFANO
2010

Abstract

Anagramma del più tradizionale file sharing, life sharing può essere interpretato come metafora evolutiva di una nuova forma di digital storytelling. Lo scambio di file e informazioni si evolve nella condivisione quotidiana di tracce del proprio vissuto. Condividere la propria vita online, come pubblici connessi, significa relazionarsi con altri utenti non attraverso un medium ma all’interno di ambienti conversazionali e spazi relazionali. A questi spazi, e alle dinamiche identitarie e sociali in essi veicolate, è dedicato il mio lavoro di ricerca. Il rapporto sempre più stretto tra web e vita quotidiana ha contribuito a generare un information overloading difficile da gestire, simbolo di un processo evolutivo in cui il life sharing ha un ruolo chiave: la mole vertiginosa di micro-storie personali pubblicate e condivise attimo dopo attimo è alla base di una rivoluzione definibile nei termini di “Real-Time Web”. Il web in tempo reale si basa su un flusso indiscriminato di aggiornamenti personali riguardanti qualsiasi tipo di argomento: pensieri astratti, azioni quotidiane, stati d’animo. Se le piattaforme di social network rappresentano nel web 2.0 gli spazi privilegiati per interagire con altri utenti, lo status updating (l’aggiornamento del proprio stato) si configura come l’azione più dirompente e pervasiva del web in tempo reale. Facebook e Twitter esemplificano un desiderio diffuso di condividere la propria vita, in tempo reale, attraverso brevissimi messaggi di testo. Ma quali sono le motivazioni, personali e sociali, alla base di un simile desiderio, che in alcuni casi si configura come vera e propria necessità? Nel tentativo di rispondere a questa domanda ho deciso di analizzare un campione composto da giovani adulti che, per età e per abitudini di consumo mediale, possono rientrare nella categoria dei cosiddetti “nativi digitali”. Con quest’ultimo termine sempre più spesso vengono definite le nuove generazioni di ragazzi nati e cresciuti in un ambiente digitalizzato e in una cultura in cui il digitale influenza le tradizionali dinamiche di relazione e di apprendimento. Ho scelto di osservare le attività online di studenti universitari italiani che hanno vissuto le prime influenze della cultura digitale in fase adolescenziale e che si apprestano ad entrare nell’età adulta sperimentando, nell’esperienza online, nuove modalità di esprimersi e di relazionarsi con gli altri. Le piattaforme racchiuse sotto il termine social media non sono spazi neutri bensì ambienti fortemente caratterizzati in cui tecnologia e socialità appaiono come forze complementari. L’impatto dei media sociali sui processi di costruzione identitaria e di relazione tra pari ha le sembianze di un cambiamento di paradigma più complesso e radicato di quella che potrebbe sembrare una banale moda adolescenziale. In base a quest’ultimo assunto, le ipotesi principali formulate all’interno della mia analisi possono essere racchiuse entro tre assi teorici distinti. Su ogni asse sono collocate coppie di concetti che rappresentano il continuum teorico di riferimento: a) identità - relazione; b) pubblico - privato; c) reale - virtuale. La presenza all’interno di una piattaforma di social network non è dettata soltanto da una banale curiosità ma, in modo più profondo, risponde alla volontà di soddisfare un preciso bisogno identitario e relazionale. Si è su Facebook e su Twitter per comunicare con altri utenti ma anche per esprimere se stessi, spesso senza tener conto del giudizio altrui. I nativi digitali hanno realmente perso il valore della privacy nelle proprie attività online? Nell’era di Facebook il concetto di privacy non viene meno, ma assume una forma più "liquida" rispetto a quella riscontrabile nelle generazioni più adulte. Comunicare all’interno di una piattaforma di social network non equivale alla perdita totale della privacy e del controllo sulle proprie informazioni. Al contrario, la presenza all’interno dei nuovi spazi conversazionali del web necessita di essere modellata intorno a una diversa concezione della privacy, legata a un diverso modo di intendere il valore, anche a medio e lungo termine, di ciò che viene pubblicato e condiviso. Lo spazio in rete è stato spesso descritto e analizzato come una sorta di dimensione parallela rispetto al più concreto piano del reale. Virtualità e realtà come due piani distinti e antagonisti, dunque. Ma cosa accade quando ciò che viene fatto, o detto, sul web, finisce per avere ripercussioni anche nel piano del reale? Davvero i milioni di giovani utenti che trascorrono sempre più tempo all’interno delle piattaforme di social network credono che il web sia qualcosa di altro e distaccato rispetto alla propria vita quotidiana? Quanto sono reali le loro amicizie online? E quanto, invece, sono virtuali le idee, le opinioni che condividono quotidianamente in rete con i propri contatti? Appare lecito e opportuno parlare non di virtualità contrapposta alla realtà, ma di una nuova forma di “socialità aumentata” nella quale le tracce di vita digitale altro non sono se non appendici di ciò che siamo soliti definire vita “reale”.
FERRI, PAOLO MARIA
social media, social network, lifestream, life-sharing, web 2.0, network society
SPS/08 - SOCIOLOGIA DEI PROCESSI CULTURALI E COMUNICATIVI
Italian
11-feb-2010
SOCIETA' DELL'INFORMAZIONE - 37R
22
2008/2009
open
(2010). Life sharing. Identità e relazione nel web in tempo reale.. (Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2010).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10281/10312
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